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Continua la discesa dell’incidenza dell’influenza anche nella quarta settimana del 2017. La fascia di età maggiormente colpita resta quella dei bambini sotto i cinque anni, tra i quali l’incidenza sfiora i 18 casi per mille assistiti.

Continua a diminuire il numero di casi settimanali di influenza, ma il totale degli italiani allettati dall’inizio della stagione salgono a oltre 3 milioni e 800mila. E aumenta il numero dei decessi, arrivati ormai a 26.

Questi i numeri del rapporto epidemiologico InfluNet, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), sulla quarta settimana del 2017, dopo aver raggiunto il picco stagionale con 9,59 casi per mille assistiti nell’ultima settimana del 2016, il livello di incidenza dell’influenza in Italia continua a scendere: dal 23 al 29 gennaio è stata di 6,39 casi per mille assistiti, pari a circa 388mila contagiati.

Mentre la settimana precedente l’incidenza era stata di 7,55 casi e il numero di allettati 457mila. Val d’Aosta, Provincia di Trento e Sardegna le regioni maggiormente colpite, ma in tutte è ancora in corso il periodo epidemico. La fascia di età maggiormente colpita resta quella dei bambini sotto i cinque anni, tra i quali l’incidenza sfiora i 18 casi per mille assistiti.

I casi gravi
Tuttavia, riporta il rapporto FluNews, continuano ad aumentare le forme gravi e complicate, che hanno portato quest’anno alla segnalazione di 112 casi gravi e di ben 26 decessi. La scorsa settimana ne erano state riportate rispettivamente 96 e 19. Nella maggior parte dei casi gravi l’età media era di circa 73 anni ed è stato isolato il virus A/H3N2. Quasi tutti presentavano almeno una patologia cronica, come malattie cardiovascolari (72%), respiratorie croniche (63%), diabete (46%) e obesita’ (28%). Non è stato confermato, invece, nessun caso grave di influenza in donne in gravidanza.


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La colazione è un pasto amico del cuore. Chi la fa regolarmente ha livelli di colesterolo e pressione – due fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cardiache – più bassi, mentre chi la salta è più soggetto al rischio di obesità e diabete.

A evidenziarlo l’American Heart Association, in una dichiarazione scientifica sulla rivista Circulation. Secondo gli studiosi, guidati dalla dottoressa Marie-Pierre St-Onge, della Columbia University di New York, è importante per la salute del cuore pianificare i pasti dando loro una regolarità, così come gli spuntini.

“Il consiglio è di mangiare consapevolmente, prestando attenzione alla pianificazione sia di ciò che si mangia che di quando lo so fa, per combattere la fame nervosa – spiega St-Onge – in molte persone si riscontra che le emozioni possono innescare il desiderio di mangiare quando non si è affamati, cosa che spesso porta a ingerire troppe calorie da alimenti che hanno un basso valore nutrizionale”.

Il momento del giorno in cui si consumano i pasti è cruciale. Secondo gli studiosi assumere più calorie nella prima parte della giornata e meno di sera può infatti avere effetti positivi per il diabete e le malattie cardiovascolari.

Anche quello che si mangia è comunque importante: sì a frutta, verdura, cereali integrali, latticini a basso contenuto di grassi, pollame e pesce, mentre è meglio limitare carne rossa, sale e alimenti ad alto contenuto di zuccheri aggiunti.

ANSA


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Un consiglio per gli anziani che vogliono mantenere integro il proprio livello cognitivo? Impegnarsi in giochi mentalmente stimolanti. È quanto riscontrato da una ricerca su over 70, che hanno presentato un minor rischio di sviluppare deterioramento cognitivo lieve impegnandosi in attività e giochi che mettono alla prova il cervello.

Gli anziani che si impegnano in attività che stimolano la mente presentano un minor rischio di sviluppare deterioramento cognitivo lieve rispetto ai loro coetanei che non mettono “alla prova” il loro cervello. Per gli adulti dai 70 anni in su con problemi cognitivi, l’attività ludica è stata associata a una riduzione del 22% del rischio di deterioramento cognitivo lieve di nuova insorgenza.

Dallo studio – condotto da ricercatori della Mayo Clinic di Scottsdale, in Arizona – è emerso che lavorare sulle abilità si associa a una diminuzione del 28% di tale deterioramento, l’uso del computer a un tondo 30%. Ma anche le attività sociali incidono molto positivamente sul deterioramento cognitivo , riducendone il rischio di sviluppo del 23% . Largo quindi a rebus, parole crociate e navigazione in Internet. Senza trascurare gli incontri con gli amici e le attività all’aria aperta.

Lo studio
Per capire come diverse attività potrebbero influenzare le probabilità di sviluppare problemi, i ricercatori – guidati da Yonas E. Geda – hanno esaminato dati relativi a 1929 adulti, con un’età minima di 70 anni, che non presentavano alcun problema cognitivo all’inizio dello studio. Il team ha valutato i partecipanti ogni 15 mesi e metà dei soggetti sono rimasti nello studio per più di quattro anni. Attraverso alcuni sondaggi i partecipanti hanno riferito la frequenza di diverse attività. Successivamente, i ricercatori hanno confrontato il rischio di una nuova insorgenza di deterioramento cognitivo lieve in base al fatto che le persone praticassero le loro attività almeno una o due volte a settimana o non più di due o tre volte al mese. Alla fine dello studio, 456 persone avevano sviluppato un deterioramento cognitive lieve.

Gli studiosi hanno esaminato più attentamente un sottogruppo di 512 persone che presentavano un maggior rischio di deterioramento cognitivo perché portatrici di una versione del gene dell’apoliproteina E (APOE), un fattore di rischio sia per il deterioramento cognitivo, sia per la demenza da Alzheimer. Per i portatori del gene APOE solo l’uso del computer e le attività sociali sono risultati associati a una riduzione del rischio di deterioramento cognitivo lieve.

Fonte: JAMA Neurology 2017


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L’ASD New Volley Fucecchio e la Farmacia Serafini, spinti dalla comune convinzione che la salute è un bene primario raggiungibile solo attraverso una corretta alimentazione, una costante attività fisica ed un corretto stile di vita, organizzano una serie di incontri informativi dal titolo

SALUTE IN MOVIMENTO

Insieme a professionisti della salute, in modo semplice ed interattivo, scopriremo che non è poi così difficile STARE BENE.

Venerdì 24 febbraio – ore 21,15
presso Centro di Aggregazione “La Calamita” – Piazza S. d’Acquisto – Fucecchio

Ahi, che dolore !!!

Praticando sport può accadere di effettuare azioni scorrette che possono condurre a traumi.
Vediamo nello specifico i problemi che possono presentarsi, come prevenirli e come curarli…


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Nel pomeriggio, dalle ore 16,00 alle ore 20,00, sarà presente un’esperta estetista che, oltre a truccare gratuitamente, potrà suggerire tecniche e segreti per un make-up strepitoso.

Nell’occasione, sarà riservato un particolare sconto sull’acquisto dei prodotti per il trucco delle Linee La Roche Posay, Vichy, EuPhidra (non cumulabile con altre promozioni in corso).

Prenota la tua seduta trucco gratuita, rivolgendoti alla responsabile del Reparto DermoCosmetico, la dott.ssa Valentina.


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Sono tanti i rischi ai quali ci si può esporre in caso di mancato rispetto di cautele e norme igieniche elementari: allergie, infezioni batteriche sulla pelle e virus dell’epatite B e C. Dagli esperti del Obg, raccomandazioni e consigli utili su come evitare i rischi, comportamenti da attuare e anche sulle tecniche più efficaci per eliminarli.

Infezioni batteriche sulla pelle che possono anche entrare nel sangue e coinvolgere il cuore. Virus dell’epatite B e C e, in misura minore, anche il virus dell’Aids. Allergie e formazione di cicatrici o di cheloidi.

Sono questi i rischi che si possono nascondere dietro tatuaggi e piercing se non si rispettano cautele e norme igieniche elementari. Possibili rischi che giovani e adolescenti, ma non solo, non devono ignorare. Per questo gli esperti del Bambino Gesù in uno speciale di “A scuola di salute” (consultabile sul sito on line dell’ospedale) hanno voluto fornire informazioni e raccomandazioni a genitori e insegnanti che possono trovarsi nelle condizioni di non saper dare le giuste risposte a questa moda che ormai coinvolge circa il 30% dei giovani europei.

I possibili rischi.
Dietro tatuaggi e piercing, rilevano gli esperti, si possono trasmettere infatti infezioni batteriche sulla pelle, che a volte possono entrare nel sangue e coinvolgere perfino il cuore. Si possono trasmettere anche i virus dell’epatite B e C e, in misura minore, anche il virus dell’Aids. Anche gli inchiostri utilizzati per il tatuaggio e i metalli per il piercing possono rappresentare un problema. Per esempio l’henné nero, ottenuto attraverso un composto molto pericoloso come la parafenilendiamina (Ppd), può provocare allergie temibili.

Il piercing inoltre, sottolineano gli esperti, può causare, oltre alle infezioni acute, anche infiammazione cronica che può favorire infezioni ricorrenti. La formazione di cicatrici o di cheloidi (lesioni cicatrizali, di dimensioni abnormi e sfiguranti) è un rischio concreto sia del tatuaggio che del piercing.
Pensiamo che, come emerso da una ricerca condotta dall’Università di Tor Vergata su 2.500 studenti liceali coinvolti con questionario anonimo, il 24% di essi ha avuto complicanze infettive; solo il 17% ha firmato un consenso informato; e uno scarno 54% è sicuro della sterilità degli strumenti che sono stati utilizzati.

Come ridurre i rischi?
Dagli esperti arrivano alcune indicazioni. In primis suggeriscono di controllare l’ambiente dove vengono fatti tatuaggi e piercing: “L’ambiente deve avere le stesse caratteristiche igieniche dello studio del dentista – sottolineano gli esperti – il professionista lavarsi accuratamente le mani e indossare un paio di guanti sterili (aperti di fronte a voi!). Aghi e tubi devono essere usa e getta oppure sterilizzati in autoclave, quindi in confezione sigillata, aperta di fronte a voi. L’inchiostro poi deve essere nuovo (non riutilizzato rimboccando la bottiglia)”. E se qualcosa non va o non convince “meglio salutare e cercare un professionista serio: ce ne sono molti”.

Cosa non fare dopo un tatuaggio.
A tatuaggio completato, ricordano gli esperti, è necessario evitare il nuoto e i bagni con acqua calda o comunque prolungati per almeno qualche settimana. Per quanto riguarda il il piercing invece è necessario curare con grande attenzione la ferita fino a cicatrizzazione completa. Durante questo periodo di alcune settimane vanno praticati lavaggi e disinfezioni almeno tre volte al giorno. Piercing e tatuaggi , ricorda poi  l’Obg sono particolarmente pericolosi, quindi controindicati, nei portatori di vizi valvolari cardiaci, negli affetti da immuno-deficit o patologie croniche, a chi assume farmaci antiaggreganti come l’aspirina, immunosoppressori o anticoagulanti, nei ragazzi con cheloidi e nelle donne in gravidanza

Come eliminarli.
La tecnica che dà oggi i risultati migliori, nelle mani di un dermatologo esperto, è il laser che tuttavia può non essere in grado di rimuovere tutto il tatuaggio e può causare la formazione di croste che talvolta esitano in cicatrici permanenti (oltre ad essere molto costoso).
Altre tecniche come la dermoabrasione, l’asportazione chirurgica, talvolta con autotrapianto di pelle, la criochirurgia possono venir prese in considerazione da un dermatologo esperto ma spesso danno risultati meno soddisfacenti della tecnica laser e causano problemi estetici analoghi.


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27 GEN – Il Ministero della salute del Brasile ha notificato all’Organizzazione Panamericana della Salute la presenza di 23 casi sospetti di febbre gialla, inclusi 14 decessi, nello stato di Minas Gerais ed il 19 gennaio si è avuta la conferma di laboratorio.

Alla data del 23 gennaio 2017 la situazione epidemiologica è la seguente: stato di Minas Gerais, 391 casi di cui 83 con esito fatale, in 39 municipalità. Stato di Espírito Santo: 19 casi di cui 1 con esito fatale in 12 municipalità. Stato di São Paulo: 3 casi, tutti con esito fatale, in 3 municipalità. Stato di Bahia: 6 casi sospetti in 3 municipalità.

Nei distretti colpiti sono state inoltre ritrovate numerose scimmie morte. Generalmente l’osservazione di un’elevata mortalità fra le scimmie è considerata un evento sentinella per la trasmissione all’uomo, utilizzato per definire le aree prioritarie in cui applicare le misure di prevenzione e controllo della malattia.

Il virus della febbre gialla è trasmesso alle persone tramite la puntura di zanzare, principalmente Aedes aegypti, che in Brasile è maggiormente attiva proprio in questo periodo, nei mesi da dicembre a luglio. Considerando che i festeggiamenti per il carnevale inizieranno il prossimo 24 febbraio, si raccomanda ai viaggiatori che intendono recarsi in Brasile di vaccinarsi contro la febbre gialla.

Attualmente, in Brasile, la vaccinazione contro la febbre gialla è raccomandata ai viaggiatori che intendono recarsi a: Acre, Amapá, Amazonas, Distrito Federal (incluso la capitale Brasília), Goiás, Maranhão, Mato Grosso, Mato Grosso do Sul, Minas Gerais, Pará, Rondônia, Roraima e Tocantins, e in aree specifiche dei seguenti stati: Bahia, Paraná, Piauí, Rio Grande do Sul, Santa Catarina e São Paulo.

Il vaccino può essere somministrato alle persone di età superiore a 9 mesi e conferisce una protezione valida per tutta la vita. Si raccomanda di consultare un medico se si è affetti da malattie auto-immuni, in caso di immunodeficienze o di altre condizioni debilitanti, fra cui un’età molto avanzata.

Si raccomanda infine di applicare le misure di protezione personale per evitare le punture di zanzara: usare repellenti cutanei rispettando le indicazioni riportate sulle confezioni; indossare abiti che coprano la maggior parte del corpo: soggiornare in stanze con zanzariere o schermi alle porte e alle finestre, oppure in stanze con aria condizionata, oppure dormire in letti provvisti di zanzariera.


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Una nuova sperimentazione potrebbe radicalmente cambiare il modo di curare l’artrosi del ginocchio. I pazienti potrebbero dire addio alle protesi e guarire grazie all’iniezione locale di cellule staminali. La sperimentazione rientra nell’ambito del progetto europeo Adipoa, finanziato con 6 milioni di euro. Il Rizzoli cerca pazienti affetti da questa patologia disposti a testare la nuova cura. I dettagli dell’iniziativa e i requisiti per partecipare.

Una semplice iniezione potrebbe sostituire l’intervento chirurgico, ridurre l’infiammazione e il dolore. Sarebbe questa la nuova frontiera per la cura dell’artrosi del ginocchio. Il condizionale è d’obbligo perché si tratta di un progetto sperimentale. Si chiama Adipoa-2 ed ha l’obiettivo di verificare se questo trattamento sperimentale risulta effettivamente efficace per i pazienti colpiti da osteoartrite al ginocchio, più comunemente chiamata artrosi. Questa è una malattia degenerativa della cartilagine che, ad oggi, ha come unica soluzione a lungo termine la protesi.

Il progetto europeo
“Le prospettive che questa strada apre alla Medicina Rigenerativa nell’ambito delle patologie dell’apparto muscolo-scheletrico sono molto promettenti – ha spiegato Riccardo Meliconi, responsabile della Reumatologia dell’Istituto Ortopedico Rizzoli e coordinatore della sperimentazione clinica – L’obiettivo è portare un concreto miglioramento nella qualità della vita di persone altrimenti costrette a forti limitazioni motorie oltre che a dolore cronico e intenso.” Il progetto è finanziato dall’Unione Europea per 6 milioni di euro. Il coordinamento è affidato all’Irlanda, con il prof. Frank Barry della National University of Ireland di Galway. Tra i centri di ricerca partecipanti, la Reumatologia del Policlinico di Padova e centri in Francia, Germania, Inghilterra e Olanda (per informazioni www.adipoa2.eu).

I requisiti per partecipare alla sperimentazione
Due le condizioni necessarie per partecipare alla sperimentazione: un’età compresa tra i 45 e i 70 anni e una diagnosi di artrosi del ginocchio sintomatica da lieve a moderata. Sono esclusi tutti coloro che hanno subito traumi significativi o operazioni chirurgiche nel corso dell’ultimo anno, tra cui anche protesi del ginocchio o dell’anca, chi soffre di artriti infiammatorie e chi ha subito precedenti trattamenti che agiscono sulla cartilagine o sul metabolismo osseo. Una serie di altri requisiti specifici necessari per poter partecipare alla sperimentazione verrà valutata, attraverso una prima visita di selezione, dai reumatologi del Rizzoli. Per prenotare la visita di selezione è possibile telefonare al numero dedicato 051 6366947, dal lunedì al venerdì, dalle ore 15.30 alle 17.30, oppure scrivere alla mail adipoa@ior.it.

I pazienti idonei inizieranno un percorso di due anni, che parte con il prelievo del tessuto adiposo, poi “trattato” e iniettato nel ginocchio. Previsti anche una serie di visite e di esami, come Risonanza Magnetica, radiografie, prelievi del sangue, per valutare l’efficacia del trattamento con le cellule staminali sull’artrosi.


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L’intervento è stato realizzato per la prima volta in Italia in due pazienti pediatrici, due adolescenti, affetti da due malattie diverse e da tempo inseriti nella lista di attesa per trapianto di fegato. L’organo asportato al primo paziente, che aveva ricevuto una donazione da cadavere, è stato utilizzato per il secondo adolescente in lista d’attesa

Un trapianto di fegato con tecnica domino, grazie alla quale con un solo donatore cadavere sono stati trapiantati due pazienti.

Il complesso intervento è stato realizzato per la prima volta in due pazienti pediatrici in Italia dai medici e chirurghi dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Grazie a questa metodica è stato possibile trasformare il primo ricevente in donatore, mettendo il suo fegato appena asportato a disposizione del secondo. I pazienti sono due adolescenti, affetti da due malattie diverse e da tempo inseriti nella lista di attesa per trapianto di fegato. Entrambi i trapiantati hanno superato positivamente il decorso postoperatorio e sono stati dimessi da alcuni giorni.

La tecnica di trapianto domino è una forma particolare di trapianto da vivente, che può essere applicata solo in casi selezionati presso ospedali dove, oltre alle competenze tecniche chirurgiche ed epatologiche, è presente anche un centro specializzato nella cura delle malattie metaboliche. La realizzazione di questi due trapianti contemporanei, sottolinea una nota del Obg “ha richiesto da parte di tutto l’Ospedale un notevole sforzo organizzativo, essenziale per la buona riuscita degli interventi”.

Il primo paziente, che ha ricevuto l’organo da un donatore cadavere, era affetto da leucinosi, una malattia metabolica genetica recentemente inserita tra quelle sottoposte a screening neonatale obbligatorio, conosciuta anche come malattia delle urine a sciroppo d’acero. Può manifestarsi già nei primi giorni di vita con difficoltà nell’alimentazione, alterazioni neurologiche e urine che odorano appunto di sciroppo d’acero. Se non riconosciuta e trattata adeguatamente, causa un’encefalopatia progressiva, senza però alterare le funzioni principali del fegato. Una rigorosa dieta a ridotto contenuto proteico consente di controllare la malattia, ma non impedisce del tutto lo sviluppo di crisi di scompenso metabolico che, oltre a mettere in pericolo di vita il bambino, possono causare danni neurologici irreversibili. Nelle persone affette da questa malattia, dovuta ad un errore congenito nel metabolismo degli aminoacidi (manca l’enzima preposto alla metabolizzazione della leucina), il trapianto del fegato si rivela una soluzione terapeutica molto efficace, in quanto ripristina una sufficiente attività metabolica e permette di tollerare una dieta pressoché normale, con una drastica riduzione del rischio di complicanze neurologiche.

Il secondo paziente era invece affetto da una cirrosi biliare cronica, causata da atresia delle vie biliari, ed era in gravi condizioni cliniche. L’atresia delle vie biliari è una malattia che provoca l’infiammazione e la conseguente ostruzione dei dotti biliari che trasportano la bile dal fegato nell’intestino. Anche in questi casi il trapianto di fegato rappresenta la strategia di intervento più efficace. I chirurghi del Bambino Gesù hanno quindi asportato il fegato del paziente affetto da leucinosi, applicando particolari accorgimenti tecnici, e lo hanno riutilizzato per il secondo paziente. La leucinosi infatti non altera le funzioni principali del fegato ed il ricevente non corre il rischio di sviluppare la malattia metabolica.

Il primo trapianto domino, prosegue le nota, si aggiunge ad altri risultati recentemente raggiunti dai medici e dai ricercatori del Bambino Gesù, come la scoperta di nuove malattie metaboliche che possono essere curate con il trapianto, l’applicazione delle tecniche di chirurgia mininvasiva nel prelievo di organi da donatore vivente, ma soprattutto la cura mediante il trapianto di un numero sempre maggiore di bambini. Nell’anno appena trascorso infatti sono stati più di 60 i pazienti pediatrici che sono stati curati mediante un trapianto di fegato o di rene o di entrambi questi organi.


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Una dieta troppo povera di cibi da fonti animali può aumentare il rischio di nascite pretermine.

Particolarmente vulnerabili sono in particolare coloro che seguono una dieta vegana e in parte quella vegetariana, soprattutto se non riescono a integrare un elemento chiave, la vitamina b12, la cui carenza può portare proprio ad un maggiore rischio di nascita del bambino prima del termine.

Lo evidenzia una ricerca guidata da Tormod Rogne, dell’Akershus University Hospital, in Norvegia, pubblicata su American Journal of Epidemiology. La ricerca ha monitorato oltre 11mila gravidanze (11.216) in 11 Paesi.

«Abbiamo rilevato che la carenza di questa vitamina è stata associata con un 21 per cento in più di rischio di parto prematuro», spiega Rogne. Oltre a sottolineare come una carenza di vitamina B12 possa anche essere dovuta a malnutrizione e povertà, gli studiosi evidenziano differenze sostanziali di cui tenere conto tra vegani e vegetariani, dando anche alcuni consigli.

«I vegani non mangiano tutti gli alimenti di origine animale e possono quindi diventare carenti di vitamina B12 se non prendono integratori – spiega Vibeke Videm, della Norwegian University of Science and Technology – mentre questa stessa carenza non è comune nei vegetariani che consumano latticini o uova, perché possono facilmente soddisfare le dosi raccomandate attraverso questi alimenti». Ma di quanti latticini c’è bisogno? Secondo Videm, una combinazione di 30 centilitri di latte e 50-75 grammi di formaggio (5-8 fette) vanno bene al di fuori della gravidanza. Il formaggio può essere sostituito con quattro cucchiai di ricotta. Ma in gestazione meglio aggiungere un bicchiere di latte, 3-4 fette extra di formaggio o una buona porzione di yogurt.

ANSA


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