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Eccesso di prescrizione, pazienti che non finiscono la terapia prescritta, uso eccessivo negli allevamenti, scarso controllo delle infezioni negli ospedali, mancanza di igiene e di nuovi antibiotici in sviluppo: sono queste le cause che portano allo sviluppo di batteri resistenti agli antibiotici.

A ricordarlo è l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in occasione della Settimana mondiale di informazione sugli antibiotici (World Antibiotic Awareness Week), che si svolge dal 14 al 20 novembre. La campagna mondiale ha come slogan “Antibiotics: Handle With Care” (Antibiotici: maneggiare con cura!), per sottolineare quanto questi farmaci siano una risorsa preziosa da utilizzare per il trattamento delle infezioni batteriche solo quando prescritti da un medico o, nel caso di salute animale, da un veterinario. In Europa ci sarà un focus particolare il 18 novembre, con la Giornata europea degli antibiotici organizzata dall’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) per sensibilizzare sulla minaccia rappresentata dalla resistenza agli antibiotici, nonché sull’uso prudente degli antibiotici stessi.

Nel Vecchio Continente 1/6 della popolazione non sa che gli antibiotici perdono efficacia se maneggiati in modo improprio

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E’ partita ufficialmente la stagione dell’influenza: oltre 120mila (127.500) i casi stimati finora in Italia da metà ottobre secondo l’ultimo bollettino settimanale Influnet, elaborato dall’Istituto Superiore di Sanità.

Quarantottomila i casi registrati nell’ultima settimana presa in esame per il monitoraggio, quella dal 31 ottobre al 6 novembre, con i bimbi e ragazzi come fascia più colpita. A questi sono da aggiungere altri 100mila casi a settimana che riguardano le sindromi para-influenzali, causate dai cosiddetti virus “cugini”, ce ne sono 262 tipi. «I sintomi sono gli stessi, è come se fosse un’influenza più lieve, e a volte si manifestano con forme gastro-intestinali, che colpiscono cioè lo stomaco e l’intestino» spiega il virologo e ricercatore del Dipartimento scienze biomediche per la salute dell’Università di Milano Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi.

«Considerato che la stagione influenzale è attesa come più pesante rispetto al solito, è importante vaccinarsi. Questo è il momento giusto. La vaccinazione è un’opportunità per tutti e diventa una raccomandazione importante per i soggetti a rischio (anziani e in genere persone di tutte le età con problemi cardiaci e respiratori cronici)» evidenzia Pregliasco «è consigliata anche alle donne in gravidanza, posponendo magari il primo trimestre, per essere sereni rispetto ad eventuali complicanze che poi si può essere portati ad attribuire al vaccino, non perché ci sia una correlazione effettiva tra le due cose. Anche i bimbi molto piccoli possono essere vaccinati, dai sei mesi in poi sentendo il pediatra».

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I fermenti lattici potrebbero divenire un’arma preziosa per contrastare la progressione del deficit cognitivo causato dalla malattia di Alzheimer: una sperimentazione clinica su 52 pazienti con morbo di Alzheimer ha dimostrato che i fermenti lattici possono migliorare le funzioni cognitive dei pazienti in 12 settimane con effetti moderati ma significativi.

Pubblicata sulla rivista Frontiers in Aging Neuroscience, la ricerca è stata condotta in doppio cieco (pazienti divisi in gruppo placebo e gruppo trattato e non al corrente di cosa assumevano come pure gli sperimentatori) presso la Università Kashan, e la Islamic Azad University di Tehran e si tratta di una “prima assoluta” sull’uomo. In passato numerosi studi su animali hanno dimostrato che i probiotici (i fermenti) migliorano l’umore, combattono depressione e disturbo ossessivo compulsivo e migliorano capacità di apprendimento e memoria. Tanto che si è cominciato a parlare di asse flora batterica intestinale-cervello proprio per intendere l’influenza che i batteri intestinali hanno sulla salute e funzionalità del cervello.

In questo lavoro 52 pazienti con Alzheimer hanno assunto o 200 ml di latte al dì arricchito con quattro fermenti (Lactobacillus acidophilus, L. casei, L. fermentum, Bifidobacterium bifidum), o latte normale. Le capacità cognitive dei pazienti sono state testate con una batteria di test ad hoc (un esame classico in uso clinico per misurare le funzioni cognitive dei malati di Alzheimer) sia all’inizio dello studio, sia dopo 12 settimane di “terapia” con i fermenti.

Ebbene, è emerso che il punteggio (sulla scala usata per misurare le funzioni cognitive) è aumentato per i pazienti che hanno assunto probiotici, mentre nello stesso arco di tempo il gruppo di controllo che ha bevuto solo latte ha perso punti sulla stessa scala. L’effetto è quantitativamente moderato ma significativo. I ricercatori continueranno lo studio coinvolgendo un maggior numero di pazienti.

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Nel pomeriggio, dalle ore 16,00 alle ore 20,00, sarà presente un’esperta estetista che, oltre a truccare gratuitamente, potrà suggerire tecniche e segreti per un make-up strepitoso.

Nell’occasione, sarà riservato un particolare sconto sull’acquisto dei prodotti per il trucco delle Linee La Roche Posay, Vichy, EuPhidra (non cumulabile con altre promozioni in corso).

Prenota la tua seduta trucco gratuita, rivolgendoti alla responsabile del Reparto DermoCosmetico, la dott.ssa Valentina.


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Pubblicati dall’Organizzazione internazionale nuovi dati sul consumo degli antibiotici. “Occorre diminuire l’uso inadeguato. Un trattamento su un paziente infettato da batteri resistenti può costare fino a 40 mila dollari”. In media nei Paesi Ocse si consumano 20,5 dosi di antibiotico per 1.000 abitanti. In Italia sono 27,8.

“L’antibiotico resistenza pone un onere significativo sui sistemi sanitari e bilanci nazionali. Gli ospedali spendono, in media, tra i 10.000 e i 40.000 dollari per il trattamento di un paziente infettato da batteri resistenti. I costi sociali possono essere alti come i costi sanitari, a causa della perdita di produttività e di reddito. È tutto ciò è preoccupante perché stiamo andando verso una ‘era post-antibiotica’, dove le infezioni comuni possono diventare, ancora una volta, fatali”. A rinnovare l’allarme è l’Ocse che ha pubblicato un nuovo report sul tema con i dati aggiornati al 2014.

Negli ultimi 10 anni il consumo è cresciuto in media nei Paesi Ocse del 4%, arrivando fino alla media di 20,5 dosi ogni 1.000 abitanti. Il Paese che ne consuma di più è la Turchia (41 dosi ogni 1.000 abitanti), seguita dalla Grecia (34), Corea (31,7), Francia (29), Belgio (28,4) e Italia (27,8). Lo stato che ne consuma di meno è invece il Cile (9,4 dosi) e i Paesi Bassi (10,6). Da notare come in Italia negli ultimi 10 anni l’uso degli antibiotici sia cresciuto del 6%.

Antibiotico resistenza in crescita.
In generale l’aumento dell’uso degli antibiotici che si sta registrando influenza anche l’andamento dei livelli di resistenza agli antibiotici che è cresciuta in media del 5% attestandosi nei Paesi al 15%. Un fenomeno globale, se è vero che tra il 2005 e il 2014 la prevalenza di antibiotico resistenza è aumentata in 23 paesi su 26 mappati.
E in questa graduatoria l’Italia è il terzo paese con la più alta percentuale di antibiotico resistenza (33-34% nel 2014, raddopiata dal 2005 quando era al 16-17%). Peggio di noi solo Paesi come la Grecia e la Turchia che come abbiamo visto hanno consumi ancora più elevati dei nostri.
 

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Le indicazioni sono contenute in una delibera approvata oggi. Per il primo accesso si dovrà tenere conto di codici di priorità, garantendo la prestazione entro 48 ore se urgente, entro 10 giorni se l’urgenza è “breve”; negli altri casi, entro 15 giorni per le visite specialistiche ed entro 30 per le prestazioni diagnostiche. In una seconda delibera gli indirizzi per la revisione della gestione del follow up oncologico

Continua il percorso intrapreso dalla Regione Toscana per tagliare le liste di attesa. Due delibere approvate nel corso dell’ultima seduta di giunta, mercoledì scorso, danno alle aziende indicazioni specifiche per la programmazione dell’offerta specialistica e la gestione delle liste di attesa, e anche per la revisione delle modalità organizzative del follow up oncologico.

“Quando, a fine 2015, abbiamo varato la legge di riforma – dice l’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi – abbiamo indicato la riduzione delle liste di attesa come una delle maggiori criticità del nostro sistema sanitario, come del resto di tutti i sistemi sanitari occidentali, e abbiamo preso l’impegno di mettere in atto una serie di misure concrete per affrontarlo e risolverlo. Le prime indicazioni le abbiamo date in luglio, poi, ai primi di ottobre, abbiamo siglato un accordo con i medici di famiglia; ora, con queste due delibere, diamo ulteriori indirizzi specifici, e tempi molto stringenti: i direttori della programmazione delle aziende dovranno presentare all’assessorato un piano di abbattimento delle liste di attesa entro il 1° dicembre. I piani saranno valutati e condivisi dall’assessorato, e dovranno diventare operativi entro il 1° gennaio 2017, per arrivare a regime entro il primo semestre”.

Il primo passo dovrà essere quello di separare completamente il primo accesso (gestito dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta) dalla successiva presa in carico o follow up (gestito dagli specialisti). “Nel primo contatto, il quesito diagnostico, in quanto ancora sconosciuto, presenta tutte le caratteristiche dell’imprevedibilità, e quindi necessita di certezza e tempestività delle prestazioni utili alla risposta”, osserva la Regione in una nota che illustra il provvedimento. È dunque previsto che per il primo accesso si debba tenere conto di codici di priorità, garantendo la prestazione entro 48 ore se urgente, entro 10 giorni se l’urgenza è definita “breve”; negli altri casi, entro 15 giorni per le visite specialistiche ed entro 30 giorni per le prestazioni diagnostiche.

Per le prestazioni di secondo accesso (o follow up), dovrà essere garantita la presa in carico nel tempo da parte dello specialista per il controllo dei propri pazienti, riducendo il fenomeno della frammentazione dei percorsi di presa in cura. Dovranno essere previste agende dinamiche a validità annuale a scorrimento giornaliero, gestite direttamente, o attraverso servizi dedicati. “I medici di medicina generale avranno un ruolo fondamentale anche nella gestione dei percorsi della cronicità”, spiega la Regione.

La delibera ridefinisce anche gli ambiti di garanzia dei tempi massimi: per le prestazioni specialistiche di base l’offerta deve essere determinata a livello di zona; le altre prestazioni devono essere garantite a livello di azienda sanitaria; quelle ad alta specialità devono essere garantite comunque a livello di Area vasta.

La seconda delibera dà gli indirizzi regionali per la revisione delle modalità organizzative nella gestione del follow up oncologico, allo scopo di “assicurare la massima attenzione alle persone con patologie oncologiche nelle fasi successive al trattamento e al tempo stesso garantire una maggiore appropriatezza nell’uso delle risorse”. Anche in questo caso, l’obiettivo è “garantire al paziente un accesso più semplice possibile agli interventi in grado di soddisfare il suo bisogno di cura, superando l’attuale frammentarietà delle risposte”. “La domanda per patologia oncologica – osserva l regione – si caratterizza per essere diffusa, complessa, e sempre ad alto impatto emotivo, e richiede risposte con caratteristiche di elevata integrazione professionale, tempestive ed omogenee, all’interno di percorsi assistenziali con accessi guidati, che assicurino la continuità di cura”.

Tra le indicazioni contenute nella delibera, l’istituzione in ogni Cord (Centro oncologico di riferimento dipartimentale) di un Punto Servizi, cui il paziente sa di poter fare riferimento per assistenza, orientamento e supporto: “Unica interfaccia per tutti gli accertamenti previsti dal follow up per i pazienti oncologici seguiti dalla struttura, che quindi non dovranno più rivolgersi ai sistemi di prenotazione delle prestazioni di primo accesso”. Ad ogni paziente inserito in un programma di follow up deve essere fornito un programma di controlli periodici concordato tra gli specialisti di riferimento.

Sulla base dei dati del Registro Tumori, in Toscana si diagnosticano circa 25.000 nuovi casi di tumore l’anno. I pazienti affetti da tumore in Toscana sono stimati oltre 180.000 e determinano ogni anno circa 465.000 visite specialistiche e oltre 390.000 prestazioni di diagnostica per immagini.

La nota ricorda infine che “la Regione ha responsabilizzato le direzioni aziendali, inserendo il miglioramento dei tempi di attesa tra gli obiettivi di mandato dei direttori generali”.


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Le uova, spesso messe sul banco degli imputati per il contenuto di colesterolo che può danneggiare anche le arterie del cuore, possono invece essere un’arma in più contro l’ictus. Il loro consumo, fino a una al giorno, riduce il rischio del 12%.

A sostenerlo uno studio dell’EpidStat Institute di Ann Arbor, nel Michigan, pubblicato sulla rivista Journal of the American College of Nutrition. Secondo i risultati della ricerca il consumo di uova, fino a una al giorno, non è associato a problemi coronarici, mentre è legato a una riduzione del 12 per cento del rischio di ictus. Questi risultati provengono da una revisione sistematica e una meta-analisi di studi tra il 1982 e il 2015, in cui sono state valutate le relazioni tra l’assunzione di uova e malattie delle coronarie in 276mila persone e il loro consumo e l’ictus in 308mila.

Alexander Dominik, autore principale dello studio, spiega che devono essere approfonditi gli aspetti che portano a comprendere meglio la connessione tra il consumo di uova e il rischio di ictus. Tuttavia, Dominik evidenzia che «le uova hanno molti attributi nutrizionali positivi, tra cui antiossidanti, che hanno dimostrato di ridurre lo stress ossidativo e l’infiammazione. Sono anche un’ottima fonte di proteine, che è stata correlata con un abbassamento della pressione sanguigna».

Un uovo grande – evidenziano ad esempio gli studiosi – ha 6 grammi di proteine di alta qualità e antiossidanti come la luteina e la zeaxantina, presenti all’interno del tuorlo, così come le vitamine E, D, e A.

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Il progetto di una protesi facciale è stato realizzato con uno smartphone, avvalendosi di un’app scaricabile gratuitamente. L’eccezionale risultato, ottenuto da un dentista peruviano, è stato poi trasformato in realtà da una stampante tridimensionale. La nuova protesi, adesa con un magnete a tre viti in titanio e fissata nell’arcata orbitaria superiore, ha restituito la voglia di vivere ad un cinquantenne brasiliano col volto deturpato da un intervento demolitivo per asportare un carcinoma invasivo

Ha avuto la fortuna di sopravvivere ad un carcinoma del cavo orale estremamente aggressivo, grazie ad un intervento chirurgico demolitivo che ha impedito che il cancro arrivasse al cervello. La zona del volto occupata un tempo dall’occhio destro, dal naso e dallo zigomo, dopo l’intervento dei chirurghi, era però ridotta ad un cratere, che ha devastato l’identità di Carlito Conceiao, un 54enne brasiliano di San Paolo.

Un dramma che a distanza di qualche anno ha trovato una soluzione inedita e incredibile, quella di una protesi progettata con lo smartphone e poi stampata in tre dimensioni.

Ancora più incredibile il percorso che ha portato a questa soluzione. Rodrigo Salazar – riporta il quotidiano New York Post – un dentista peruviano specializzato in riabilitazione orale, ha lavorato a questo progetto per due anni avvalendosi di un’app gratuita per cellulari, l’Autodesk 123D Catch, che è  grado di convertire le fotografie in modelli 3D. L’ingegnoso dentista ha scattato con il suo cellulare 15 fotografie della testa del paziente, convertendole poi in un modello 3D virtuale che ha stampato con una stampante low cost. E’ così riuscito a ottenere un modello sul quale è stata quindi plasmata la nuova protesi in silicone per quel volto deturpato. Una serie di ‘artisti clinici’ si sono quindi offerti per rifinire a mano la protesi in modo che risultasse quanto più naturale possibile.

La protesi è inserita sul volto del paziente, per mezzo di magneti che la fanno aderire a tre viti in titanio fissate sull’arcata orbitaria superiore. Può essere dunque facilmente rimossa e addirittura lavata, prima di essere riposizionata in sede.

Un’idea ingegnosa che ha restituito la voglia di vivere ad un uomo, padre di due figli, costretto dopo l’intervento demolitivo a vivere con una protesi di pessima qualità che continuava a ‘cadergli’ dal viso lasciando esposta la vasta area deturpata dalla chirurgia e facendolo sprofondare nella depressione.

La progettazione delle protesi da stampare 3D hanno dei costi molto elevati. Questo caso apre scenari del tutto inediti e low cost, sdoganando l’uso del telefonino anche per questo utilizzo decisamente inaspettato.

Il Daily Mail ha dedicato a questa storia un video che ripercorre la storia della protesi di Carlito.


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In Europa il batterio meningococco B (MenB) causa circa l’85 per cento dei casi di meningite tra i bambini piccoli. La maggior parte supererà l’infezione senza effetti seri. Ma più di 1 bambino su 10 soffrirà della perdita di un arto o di disabilità neurologica. Più di 1 su 3 presenterà altre problematiche cognitive, fisiche e psicologiche.

Un chicco di caffè. Una forma familiare, che evoca fragranza e conforto. Ma chi ”possiede” questa forma è il batterio della Neisseria meningitidis, più conosciuta come meningite. Un chicco di caffè che normalmente è presente nelle cavità del naso e della faringe di una persona su dieci, senza dare fastidio. Poi, invece, alcune persone, non si sa ancora perché, passano dalla condizione di portatore a quella di malato. In Toscana nel 2015 sono stati 38 i casi. Quest’anno, 31 (a ottobre 2016). 12 i morti complessivi. “La malattia meningococcica – spiegano gli esperti – è una patologia improvvisa potenzialmente mortale. Si stima che più di uno su dieci tra chi ne è colpito possa morire. In 24 ore”. Se ne è parlato a Siena, presso il centro ricerche di GSK.

In Europa il batterio meningococco B (MenB) causa circa l’85 per cento dei casi di meningite tra i bambini piccoli. La maggior parte supererà l’infezione senza effetti seri. Ma più di 1 bambino su 10 soffrirà della perdita di un arto o di disabilità neurologica. Più di 1 su 3 presenterà altre problematiche cognitive, fisiche e psicologiche. Anche se può sembrare poco elegante monetizzare il dramma delle persone, in base a stime del Regno Unito, il costo del trattamento a vita per un bambino con conseguenze severe da meningite batterica ammonta a 2,24 milioni di euro.

Le armi contro la malattia: vaccinazione e diagnosi corretta.

Gli episodi di infezione invasiva meningococcica verificatisi in Toscana nel 2015, ma anche in altre Regioni, non rappresentano un evento inatteso o anomalo e non configurano una particolare situazione di emergenza, se affrontati in modo corretto come è stato fatto finora. E sono due gli strumenti principali che abbiamo a disposizione per difenderci: la vaccinazione ed una corretta diagnosi della malattia. “La vaccinazione è l’unico strumento per prevenire la meningite da meningococco. Il batterio  è infatti presente nella gola del 10 per cento circa delle persone senza dare alcun segno: solo in alcuni, e per motivi ignoti provoca la malattia – spiega Pier Luigi Lopalco, ordinario di Igiene e Medicina preventiva all’Università di Pisa – Con il vaccino quindi non solo proteggiamo il singolo, ma riduciamo il numero di quei “fantasmini” (veri e propri portatori dell’infezione ignari della loro condizione) presenti tra noi che senza saperlo trasmettono una malattia che può avere un’evoluzione drammatica in poche ore. Con la vaccinazione per la meningite meningococcica otteniamo anche quell’immunità di gregge che rappresenta un fattore chiave in termini di sanità pubblica per limitare la circolazione del batterio e ridurre i casi di malattie”.

“Noi lavoriamo nei vaccini perché crediamo nella scienza e nella possibilità di fornire un contributo sostanziale al miglioramento della salute pubblica – aggiunge Daniele Finocchiaro, Presidente e amministratore delegato di GSK Italia -. Per questo abbiamo continuato ad investire nel settore quando molti si allontanavano, attirati da diverse sirene di scienza ed economia e per lo stesso motivo abbiamo riconosciuto subito, preservato e stiamo investendo in questa perla italiana, ora centro mondiale di eccellenza GSK per la ricerca sulle infezioni batteriche e per la produzione di numerosi vaccini. Ogni 8 minuti una persona nel mondo muore di meningite e ogni anno con la vaccinazione in generale potremmo evitare fino a 3 milioni di morti e 750mila casi di disabilità: il nostro posto ieri, oggi e domani è perciò a fianco delle Autorità sanitarie per contribuire al mantenimento delle coperture vaccinali necessarie alla protezione delle nostre comunità”.

Vaccino contro il Meningococco B

“La sottostima dei casi di malattia causata dal meningococco è purtroppo un fenomeno noto e dovuto a diversi fattori – prosegue Chiara Azzari, Responsabile del Centro di Immunologia pediatrica dell’Ospedale Meyer di Firenze -. In questo senso l’applicazione standardizzata di una  più adeguata metodica di diagnosi ci dice che le infezioni sono molte di più di quelle che si pensa. Utilizzando test diagnostici come la PCR-RT si può ridurre uno dei rischi di sottostima di malattia meningococcica invasiva, nel nostro Paese si stima di circa 3 volte, inoltre il test fornisce un responso diagnostico molto rapido. Per poter disegnare delle corrette strategie vaccinali è infatti molto importante giungere ad una valutazione corretta del numero di casi di malattia  e della loro distribuzione”.

“E’ una lotta dove ognuno deve dare il proprio contributo e sapere che da qui possiamo aiutare molte persone in tutto il mondo a proteggersi dalle principali malattie infettive è una grande fonte di motivazione per me e per tutti i colleghi della ricerca e della produzione – sottolinea Rino Rappuoli, Chief Scientist di GSK Vaccines -.  Ma soprattutto la messa a punto del vaccino per il Meningococco B, oggi registrato in oltre 35 paesi, ha rappresentato per noi un traguardo molto importante che permetterà non solo di salvare molte vite umane, ma anche di cambiare le prospettive della lotta contro la meningite nel mondo. Già raccomandato in nove  regioni italiane e utilizzato in America e in Canada per far fronte a focolai di meningite che si sono verificati in quelle zone, il vaccino GSK contro il Meningococco B dal settembre del 2015 è stato introdotto nel piano di prevenzione nazionale in UK destinandolo a tutti i nuovi nati. Proprio i dati preliminari realtivi a questo programma di immunizzazione dimostrano che il nostro vaccino contro il Meningococco B ha avuto – tra i bambini vaccinati – una effectiveness vicina all’83% contro qualsiasi ceppo di meningite B e pari al 94% contro i ceppi prevenibili con la vaccinazione”.


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