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I dispositivi elettronici stanno trasformando i Millenials in una generazione di gobbi.

Uno dei ‘nemici’ da combattere in questo caso è il cosiddetto ‘tech neck’ (letteralmente collo da tecnologia): si tiene la testa piegata in avanti a lungo, perché concentrati su smartphone e tablet. È una condizione dolorosa, sempre più comune, che porta il collo a perdere la sua curvatura naturale – e provoca uno squilibrio fisiologico nella parte superiore del corpo. Precedentemente osservato durante la mezza età ad esempio su dentisti che si sporgono verso i pazienti, il problema si sta ora materializzando nelle giovani generazioni.

«Adesso, i ventenni hanno la salute della spina dorsale di una persona di 30 o di 40 anni. È un’epidemia», spiega il chiropratico Christian Kang. Quando la postura peggiora, avvertono gli esperti, i muscoli della parte superiore della schiena si allungano, mentre quelli nella parte anteriore del corpo si indeboliscono e il collo si spinge in avanti, il che può far sentire la testa almeno quattro chili e mezzo più pesante.

Ciò ha un impatto sulla respirazione e può averlo persino sui livelli di ansia. Secondo lo specialista Vito Minervini, le giovani donne sono particolarmente sensibili a questa condizione perché hanno una bassa densità muscolare nella parte superiore del corpo. Negare di avere un problema non aiuta: meglio intervenire, facendo pause in piedi, esercizi con il foam roller o lo yoga. Gli esperti consigliano inoltre di tenere i dispositivi aiutandosi con i gomiti a 180 gradi perché lo schermo sia davanti ai volti.

ANSA


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Gli smartphone hanno cambiato il nostro modo di camminare. Quando li usiamo mentre siamo per strada, guardiamo meno cosa c’è per terra, perché troppo concentrati a fissare lo schermo, e siamo così portati a sollevare il piede “guida” più in alto e più lentamente, per scansare il rischio di ostacoli. Insomma, la nostra camminata alla fine risulta decisamente più “sbilenca”.

A evidenziarlo uno studio della Anglia Ruskin University, pubblicato su Plos One. Gli studiosi hanno analizzato 21 persone con tracciatori oculari e sensori di analisi del movimento, mettendole di fronte ad ostacoli che per altezza erano simili a dei cordoli stradali. Hanno esaminato 252 scenari separatamente che prevedevano, mentre si camminava, la lettura di messaggi di testo o altro.

Dai risultati è emerso che, quando si utilizzava il telefono, si tendeva a guardare per terra meno spesso e per meno tempo. Nello studio, la quantità relativa di tempo trascorso a guardare gli ostacoli risultava diminuita fino al 61%. Non solo: la ricerca ha evidenziato che quando si scriveva un messaggio, il piede “guida” era più alto del 18% e il 40% più lento.

«Usando il telefono, adattiamo il nostro stile di camminata in modo da poter affrontare gli ostacoli statici in modo sicuro. Ciò si traduce in un modo di procedere lento e con dei tratti molto pronunciati – spiega l’autore principale della ricerca, Matthew Timmis -. Gli incidenti sono probabilmente il risultato di oggetti che improvvisamente appaiono, ad esempio altri pedoni o veicoli. La Cina ha già iniziato a fare percorsi pedonali con corsie speciali per coloro che utilizzano i cellulari».

ANSA


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I bambini nati da mamme che, durante la gravidanza, erano assidue utenti dei telefoni cellulari, hanno una maggiore probabilità di risultare affetti da iperattività rispetto agli altri bimbi. Lo studio su Environment International.

Lo studio che mette in relazione l’utilizzo smodato del cellulare in gravidanza e lo sviluppo di disturbi comportamentali nei bimbi è stato pubblicato su Environment International. Sebbene non sia stata trovata una relazione diretta causa-effetto tra le radiazioni elettromagnetiche emesse dall’uso frequente di cellulari durante la gravidanza e l’iperattività nei bambini, Laura Birks del Barcelona Institute for Global Health in Spagna e colleghi, analizzando i dati di oltre 80 mila coppie madre/figlio, hanno riscontrato che i bimbi nati da mamme “cellulare dipendente” – almeno nel periodo gestazionale – avevano oltre il 28% in più di possibilità di sviluppare problemi comportamentali rispetto agli altri bimbi. “Direi di interpretare questi risultati con cautela”, ha detto Birks.

Lo studio
Per il loro studio Birks e colleghi hanno analizzato i dati relativi a più di 80.000 coppie madre-figlio in Danimarca, Spagna, Norvegia, Paesi Bassi e Corea. E hanno trovato prove coerenti di aumentare il rischio di problemi comportamentali – in particolare, iperattività – nei bambini di età dai 5 ai 7 anni le cui madri parlavano frequentemente al cellulare durante la gravidanza. Secondo l’autrice, i risultati sono stai sorprendenti in quanto non sono noti i meccanismi biologici che legano le radiazioni elettromagnetiche ai disordini comportamentali, e l’associazione era persistente nei cinque paesi considerati.

Inoltre i figli delle madri che hanno riferito di effettuare almeno 4 chiamate al giorno o in di parlare al cellulare per più di un’ora al giorno, hanno mostrato il 28% in più di probabilità di essere iperattivi, rispetto ai figli di madri che ne facevano un uso meno frequente, dopo aver tenuto conto di una serie di variabili confondenti, come l’età materna, lo stato civile e l’educazione.

Va aggiunto che i dati raccolti riguardavano una serie di diversi periodi di tempo dal 1996 al 2011. E tra l’altro solo la prima coorte, in Danimarca a partire dal 1996, era formata da un numero sufficiente di donne che non hanno mai usato un telefono cellulare durante la gravidanza. Comunque, secondo quanto riportano gli autori, i figli di madri che non hanno mai usato i telefoni cellulari durante la gravidanza, avevano un rischio minore di problemi comportamentali ed emotivi, rispetto a tutti gli altri bambini.

Fonte: Environment International 2017

Ronnie Cohen


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