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Non è vero che si può dormire anche cinque ore per notte, o che un drink prima di andare a letto favorisce l’addormentamento o ancora che chi russa non ha problemi di salute.

Questi e altri falsi miti, scrivono i ricercatori della Langone University di New York su Sleep Health, sono molto seguiti ma risultano dannosi per la salute.

La ricerca ha analizzato i principali falsi miti sul sonno, ottenuti da un’analisi di oltre 8mila siti, mettendoli a confronto con la letteratura scientifica più recente sull’argomento per stilare una classifica di quelli più comuni e dannosi. Al primo posto c’è la convinzione che bastino meno di cinque ore di sonno.

«Ci sono prove evidenti che dormire cinque ore o meno aumenta molto il rischio di conseguenze negative per la salute – afferma Rebecca Robbins, uno degli autori -, dall’aumento dei problemi cardiovascolari alla riduzione dell’aspettativa di vita». Anche bere un ‘bicchierino’ non è d’aiuto.

«Può aiutare ad addormentarsi, ma riduce drammaticamente la qualità del sonno – spiega Robbins -. In particolare disturba la fase Rem, che è quella più importante per l’apprendimento e la memoria». Anche quello che russare è innocuo, continuano gli autori, è un falso mito. E’ vero che in qualche caso non c’è un problema di salute sottostante, ma è meglio sempre consultare un medico per escludere eventuali patologie come l’apnea notturna.

Lo studio ha trovato diverse altre bufale. Non è vero ad esempio che guardare la TV prima di addormentarsi faciliti il sonno, che ricordare i sogni è segno di buon sonno, che quei cinque minuti in più con gli occhi chiusi dopo che ha suonato la sveglia sono utili, che non importa a che ora si dorma, mentre è importante avere un ritmo regolare, e che se non si riesce a dormire è meglio restare a letto ‘a oltranza’.

«Se non ci si alza si inizia ad associare il letto all’insonnia – spiega l’esperta -. In realtà ad una persona che non ha problemi servono 15 minuti, se si impiega di più meglio uscire dal letto e fare qualcosa che non impegna la mente. Abbassate le luci e piegate i calzini».

ANSA


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La regolarità del sonno consente di mantenere un peso normale, di correre un rischio minore di avere malattie cardiovascolari e di abbassare i livelli di stress. È quanto ha evidenziato uno studio condotto su duemila adulti

Gli adulti che vanno a letto a un orario regolare pesano meno, hanno normali livelli di zucchero nel sangue e corrono un minor rischio di avere malattie cardiovascolari e diabete rispetto a coloro che non vanno mai a dormire alla stessa ora. A evidenziarlo è uno studio pubblicato da Scientific Reports e guidato da Jessica Lunsford-Avery, del Duke University Medical Center di Durham, nella Carolina del Nord. Avere un sonno regolare significa andare a dormire ogni sera alla stessa ora e svegliarsi allo stesso orario tutte le mattine, anche nei fine settimana. Tutto ciò aiuta il ritmo circadiano e regola altre funzioni dell’organismo, come appetito e digestione.

Lo studio

I ricercatori hanno analizzato il ciclo del sonno di circa duemila adulti di età media di 69 anni attraverso la scala di valutazione nota come Sleep Regularity Index, che analizza la variazione del sonno in un giorno e lo compara a quella del giorno successivo, per valutare i tempi di sonno e veglia ed eventuali pisolini. In particolare, Lunsford-Avery e colleghi hanno usato dati dei partecipanti di un ampio studio che dovevano indossare dispositivi per l’actigrafia da polso per registrare sonno/veglia, attività fisica ed esposizione alla luce. I partecipanti, inoltre, dovevano completare diari del sonno e registrare la sonnolenza diurna. Infine, i ricercatori hanno usato altri dati per misurare i fattori di rischio cardiovascolare e la salute psichica.

I risultati

Le persone che tendevano all’irregolarità del sonno andavano a dormire più tardi, dormivano di più durante il giorno e meno di notte rispetto a coloro che avevano invece un sonno regolare. Una maggiore irregolarità del sonno, inoltre, si associava a un maggior rischio di malattie cardiache a 10 anni, di obesità, ipertensione, alti livelli di glicemia a digiuno e diabete. L’irregolarità del sonno, infine, è risultata legata anche a maggiore stress e depressione, a loro volta collegati a un maggior rischio di malattie cardiache.

Fonte: Scientific Reports


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Secondo i dati della Società italiana di pediatria, il 25% dei bambini al di sotto dei 5 anni soffre di disturbi del sonno e dopo i 6 anni e fino all’adolescenza la percentuale si attesta intorno al 10-12%.  Le cause, oltre a quelle organiche e genetiche, sono riconducibili anche ad una cattiva alimentazione, al cosleeping e non di meno ai sintomi nevrotici e/o depressive delle mamme (38%) e a sentimenti ambivalenti nei confronti dei bambini (85%).

Rispetto a cento anni fa i bambini nel mondo occidentale dormono in media 2 ore in meno. Le cause principali? I ritmi frenetici, l’aumento delle luci artificiali e l’utilizzo sempre più precoce degli strumenti elettronici hanno causato una discordanza tra quello che dovrebbe essere il ritmo sonno-veglia naturale del bambino e le esigenze sociali. I disturbi del sonno, aumentati soprattutto negli ultimi 20 -30 anni, possono avere effetti negativi sulla salute e sulla qualità della vita del bambino ma anche dei genitori. Non stupisce, quindi, che siano uno dei principali fattori di ansia per mamme e papà e uno dei motivi più frequenti di visita dal pediatra o neuropsichiatra infantile.

Ma cosa si intende per disturbi del sonno nel bambino? I più comuni sono insonnia (20-30%), parasonnie (25%), disturbi del ritmo circadiano (7%), disturbi respiratori del sonno (2-3%), disturbi del movimento legati al sonno (1-2%), ipersonnie (0,01-0,20%). “I disturbi del sonno nel bambino si possono manifestare a diverse età – sottolinea il Dr. Marco Angriman, neuropsichiatra infantile, Servizio di Neurologia e Neuroriabilitazione per l’età evolutiva, Ospedale Centrale di Bolzano – nella prima infanzia predominano difficoltà di addormentamento e risvegli frequenti, parasonnie (ad esempio pavor notturno o risvegli confusionali) o i disturbi respiratori del sonno (ad esempio sindrome delle apnee ostruttive), mentre nelle età successive possono comparire con maggiore frequenza  disturbi del ritmo circadiano e disturbi del movimento correlati al sonno, e soprattutto in adolescenza, disturbi legati alla scarsa igiene del sonno, favoriti dagli stili di vita scorretti”.

Le cause dei disturbi del sonno nel bambino possono derivare da molteplici fattori, da cause organiche a una cattiva igiene del sonno. Tra le prime hanno un ruolo importante i fattori genetici (studi sui gemelli e sulla familiarità hanno dimostrato, per esempio, una forte influenza genetica nell’insonnia) e l’ordine di nascita: alcuni studi riportano una maggiore frequenza di insonnia nei primogeniti e nei figli unici. Anche un’eventuale depressione materna può essere all’origine di una insonnia in un bambino: il 38% delle madri dei bambini che hanno difficoltà a dormire ha sintomi nevrotici e/o depressivi, l’85% sentimenti ambivalenti nei confronti del bambino.

Gli errori di comportamento dei genitori possono, invece, manifestarsi durante i risvegli, tra questi la tendenza, per esempio, ad accorrere subito e a prendere in braccio il bambino sia all’addormentamento che durante i risvegli e l’abitudine alla condivisione del letto dei genitori, il cosiddetto cosleeping. Un altro fattore molto importante è la modalità di alimentazione: i risvegli notturni a 6 e a 12 mesi sono più frequenti nei bambini allattati al seno: 52% contro 20% di quelli allattati artificialmente (verosimilmente legato all’allattamento a domanda, più frequente nei bambini allattati al seno).

Le conseguenze di un sonno insufficiente o di cattiva qualità nei bambini “sono molteplici e molto spesso misconosciute” sottolinea Oliviero Bruni, neuropsichiatra infantile, esperto di disturbi del sonno nel bambino. “Infatti, una cattiva qualità del sonno può comportare diversi disturbi che molti non attribuiscono ad una alterazione del sonno:
– ridotte performance scolastiche e problemi di apprendimento: il 28% dei bambini con insufficiente quantità di sonno si addormenta a scuola una volta a settimana; il 22% facendo compiti; il 32% è troppo stanco per fare sport;
– sonnolenza, disattenzione, ridotta memoria di lavoro, scarso controllo impulsi e disregolazione del comportamento;
– rischio traumi accidentali;
– obesità, disturbi metabolici, predisposizione al diabete;
– aumento rischio di sviluppare ADHD, disturbo oppositivo-provocatorio e disturbi depressivi;
– in adolescenza abuso di alcool, cannabis e altre droghe, depressione, intenzioni suicidarie.

Non ultimo è da considerare che il problema del sonno del bambino può avere ripercussioni su tutto l’ambito familiare determinando una scarsa salute fisica e mentale dei genitori, favorendo lo sviluppo di una depressione materna e un notevole stress familiare. E’ infine da considerare che molti casi di abuso al bambino e addirittura di infanticidio sono da attribuire alla deprivazione di sonno dei genitori”.

In occasione del 74° Congresso SIP è stato presentato il Progetto della SICuPP (Società Italiana Cure Primarie Pediatriche) Dormire bene per crescere bene. L’iniziativa è finalizzata ad aumentare le conoscenze dei Pediatri di famiglia affinché possano fornire ai genitori indicazioni utili per favorire una più corretta igiene del sonno dei bambini.

“Molto importante è la prevenzione nel primo anno di vita” – sottolinea Emanuela Malorgio, pediatra di famiglia, esperta di problemi del sonno – “perché le abitudini errate acquisite in questo periodo renderanno più difficile avere un’autonomia di addormentamento anche negli anni successivi. Le tre regole d’oro nel primo anno di vita sono: far dormire il bambino sempre nella stessa stanza adeguatamente preparata, evitando di farlo addormentare in ambienti diversi; rispettare l’orario in cui va a nanna e dai 3-4 mesi di vita (cioè da quando compare la fase di addormentamento) dissociare la fase dell’alimentazione da quella del sonno, che vuol dire staccarlo dal seno o dal biberon quando si sta per addormentare e metterlo sul lettino. Le buone abitudini vanno consolidate durante la crescita”.

Le tecniche comportamentali dovrebbero rimanere la prima linea di trattamento dell’insonnia. Si ricorre, invece, a interventi farmacologici quando queste hanno fallito o se esistono delle difficoltà oggettive per applicarle. Ad oggi non esistono farmaci approvati per l’insonnia in età pediatrica, né dall’FDA né dall’EMA, e i dati in letteratura per valutarne l’efficacia sono carenti, soprattutto per aspetti metodologici.

Le 10 regole per il sonno dei bambini e dei loro genitori

1. Rispettare l’orario della nanna tutte le sere. Abituare il piccolo sin dalla tenera età ad addormentarsi sempre alla stessa ora, adattando i ritmi della famiglia a quelli del bimbo e non viceversa. Le buone abitudini vanno mantenute e consolidate nell’arco della crescita, variandole in base all’età.

2. Far dormire il bambino sempre nello stesso ambiente adeguatamente preparato, con luci soffuse senza device accesi, ed eventualmente con una musica dolce e monotona di sottofondo. Non farlo addormentare in ambienti diversi, come sul divano in sala mentre si guarda la televisione.

3. Dissociare la fase di alimentazione da quella dell’addormentamento. Nei primi due o tre mesi di vita manca la fase di addormentamento, nel senso che non è possibile riconoscerla con precisione. Nei mesi successivi invece appena si notano alcuni segnali è bene metterlo nel lettino.

4. Rispettare l’orario dei pasti durante il giorno. Anche se il bambino va al nido cercare di mantenere gli stessi orari del pranzo, merenda e cena, adeguando i nostri orari ai suoi.

5. Mai usare il tablet o altri dispositivi elettronici dopo cena. Spegnere tutto almeno un’ora prima dell’addormentamento. La luce dei device riduce la produzione della melatonina che favorisce l’addormentamento.Mantenere tutti gli apparecchi elettronici, inclusa la televisione, il computer e il cellulare fuori dalla stanza da letto.

6. Non dare troppo cibo o acqua prima di dormire. Evitare il latte o altri liquidi compresa la camomilla durante i risvegli, preferire piuttosto l’utilizzo di un oggetto consolatorio per riaddormentarsi.

7. Regolare con attenzione l’esposizione alla luce. Per il sonnellino pomeridiano mantenere la luce dell’ambiente; ridurre l’esposizione il più possibile per la notte; potenziare la luce appena svegli. Il nostro ritmo sonno veglia, come quello dei nostri figli, è governato dall’alternanza della luce e del buio.

8. Evitare sostanze eccitanti dopo le ore 16. No a tè, solo deteinato in caso, no a bevande contenenti caffeina e no alla cioccolata.

9. Favorire un’alimentazione equilibrata. Con un adeguato introito di liquidi durante il giorno. Preferire cibi contenenti fibre e carni bianche, pesce azzurro, verdure verdi, legumi e cereali.

10. No ai bambini nel lettone. Abituarli all’autonomia vuol dire anche lasciarli dormire nel proprio ambiente. Nei casi di risveglio, riportarli sempre nel loro lettino. Un metodo che può funzionare è promettere un premio al bambino se non va nel letto dei genitori.


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Uno studio condotto a Hong Kong ha fatto emergere una correlazione tra riposo e comportamento e benessere degli adolescenti. Chi va a letto prima ha minori possibilità di sviluppare problemi comportamentali ed emotivi

Gli adolescenti che vanno a letto tardi hanno maggiori probabilità di soffrire di insonnia e problemi comportamentali ed emotivi rispetto ai loro coetanei che vanno a dormire presto. È quanto ha dimostrato uno studio pubblicato su Sleep Medicine e coordinato da Shirley Li, dell’Università di Hong Kong.

Lo studio

I ricercatori hanno intervistato 4.948 studenti, di età compresa tra i 12 e i 18 anni, chiedendo loro informazioni su abitudini di sonno e salute fisica e mentale. Complessivamente, circa il 23% aveva la tendenza ad andare a letto tardi. Questi nottambuli avevano l’88% in più di probabilità di avere problemi emotivi e comportamentali rispetto ad altri adolescenti e il 25% in più di probabilità di avere problemi di salute mentale. Circa i due terzi degli adolescenti nello studio, invece, avevano un sonno ‘intermedio’, cioè non andavano a letto né troppo presto né troppo tardi e circa il 9% dei partecipanti, andava a letto presto, con un ritmo mattiniero.

Le evidenze

Tra i ragazzi con un ritmo ‘serale’, circa l’11% ha avuto difficoltà ad addormentarsi e quasi il 4% ha avuto problemi a restare addormentato. Una maggiore percentuale di questi nottambuli, il 22%, ha anche riferito problemi di salute mentale, rispetto al 15% di altri adolescenti, oltre a problemi emotivi e comportamentali, 38% contro il 24%. “Non dormire a sufficienza o dormire poco può influire negativamente sulla capacità di regolare le emozioni e sui processi decisionali, contribuendo così al rischio di sviluppare problemi di salute mentale”, ha dichiarato Li alla Reuters Health.

I commenti

Nonostante la ricerca si sia basata sui ricordi dei ragazzi e non sia uno studio controllato progettato per dimostrare se e come il sonno può causare problemi di salute mentale, i risultati offrono nuove prove sulla relazione tra breve durata del sonno e salute emotiva e comportamentale degli adolescenti, come sottolineato da Judith Owens, del Boston Children’s Hospital. Mentre Sujay Kansagra, del Duke Pediatric Neurology Sleep Medicine Program di Durham, in Carolina del Nord, consiglia ai genitori di adottare delle misure per aiutare i loro figli a dormire meglio la notte. “La chiave è evitare l’esposizione alla luce, specialmente quella di dispositivi elettronici, almeno 30 minuti prima di andare a letto”, ha spiegato.

Fonte: Sleep Medicine


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“Aprile: dolce dormire” dice un noto proverbio e di certo i pisolini sono per molti una delle cose più amate, piccole ‘pause’ nell’ambito di giornate spesso piene di impegni. Ma come prendere il meglio dall’abitudine a fare un sonnellino?

Preferendo il pomeriggio, in particolare la fascia oraria che va dalle due alle tre nella quale è maggiore la sonnolenza post-pranzo e si interferisce meno col sonno notturno, dormendo per non più di un periodo variabile dai 15 ai 30 minuti per non sentirsi troppo confusi dopo e dandosi del tempo, una volta svegli, per riprendere le proprie attività.

A evidenziarlo è Tiffany Casper, medico di famiglia del Mayo Clinic Health System. Secondo Casper, fare dei sonnellini può dare molti benefici alla salute, come ad esempio il miglioramento dell’umore, delle prestazioni (con un tempo di reazione più rapido e una migliore memoria), più relax e un senso di affaticamento ridotto. Se i pisolini diventano però tanto importanti, fino a diventare essenziali per poter andare avanti nel corso della giornata, meglio interrogarsi sulla propria stanchezza se ad esempio non si è diventati genitori da poco o non si fanno turni di notte e rivolgersi a un medico.

«Parlare con il medico è il modo migliore per scoprire perché si sta verificando un aumento della fatica», evidenzia Casper. «Le ragioni della stanchezza potrebbero essere qualsiasi cosa, da un disturbo del sonno o apnee notturne a un eventuale effetto collaterale di un nuovo farmaco». Secondo l’esperta inoltre meglio non fare sonnellini se si soffre di insonnia o scarsa qualità del sonno durante la notte, perché il problema potrebbe peggiorare. In quest’ottica, in ogni caso, i pisolini brevi sono i migliori se si cerca di evitare inferenze col sonno notturno.

ANSA


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Sul sonno ci sono decine di falsi miti, a partire dal quantitativo necessario, che non è 8 ore per tutti. A descriverne 40 è stato Graham Law, presidente onorario della British Sleep Society, nel libro ‘Sleep Better: The science and the myths’.

«C’è molta mitologia su come avere una buona notte di sonno – afferma Graham -, molta della quale ha le migliori intenzioni. Tuttavia alcuni dei miti più persistenti non solo sono sbagliati, possono essere pericolosi per la salute e il benessere».

Alcuni dei luoghi comuni descritti nel libro sono piuttosto diffusi.

Non è vero ad esempio che una buona notte di sonno deve essere senza interruzioni, o che ‘un’ora dormita prima di mezzanotte equivale a due dormite dopo’. Anche le convinzioni che dormire meno fa dimagrire o che gli anziani abbiano bisogno di più sonno sono sbagliate.

Altri sono più ‘fantasiosi’, come chi crede che la testa possa esplodere durante il sonno (in realtà la ‘exploding head syndrome’ è una condizione benigna per cui si sentono dei rumori immaginari al risveglio) o che per fare un buon pisolino si debba tenere in mano un cucchiaio.

«Ho sentito centinaia di storie ed esempi da studenti e partecipanti a ricerche – spiega l’autore, che insegna all’università di Lincolnshire – ci sono 40 miti nel libro, ma ne abbiamo lasciati fuori molti molti altri».

ANSA


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I lavoratori che sono esposti alla luce solare o a quella proveniente da fonti molto luminose interne, specie durante le ore del mattino, dormono meglio di notte e tendono a sentirsi meno depressi e stressati, rispetto a quelli che non hanno a disposizione molta luce la mattina.

Una maggiore esposizione alla luce durante il giorno e una riduzione della luce durante la notte sono fondamentali per un “modello” di sonno salutare, perché aiutano a regolare l’orologio biologico circadiano. È quanto scrivono su Sleep Health Mariana Figuero e colleghi del Lighting Research Center presso il Rensselaer Polytechnic Institute di Troy (New York).

Lo studio
Per studiare il rapporto tra illuminazione dell’ambiente di lavoro e ciclo sonno-veglia, il team di ricerca ha reclutato gli impiegati di cinque edifici governativi degli Stati Uniti. Ai 109 dipendenti sono stati forniti di dispositivi che misuravano l’esposizione a varie fonti di luce durante il giorno. L’esperimento è stato condotto in estate, ma 81 partecipanti lo ha ripetuto anche d’inverno. Gli impiegati sono stati invitati a riportare i loro tempi di sonno e sveglia e a completare dei questionari sulla loro qualità dell’umore e del sonno alla fine di ogni periodo di studio. I ricercatori hanno così evidenziato che le persone che sono state esposte a maggiori quantità di luce durante le ore del mattino, tra le 8 e le 12, si sono addormentate più rapidamente di notte e hanno avuto meno disturbi del sonno notturno rispetto a quelli esposti a luci deboli di mattina. Inoltre coloro che maggiormente godevano della luce al mattino erano anche meno inclini a segnalare sintomi di depressione e stress.

Fonte:Sleep Health 2017


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I bambini che in età prescolare vanno a letto e si svegliano tardi hanno maggiori probabilità di soffrire di disturbi del sonno rispetto ai loro coetanei mattinieri. È quanto emerge da uno studio condotto a Singapore pubblicato su Sleep Medicine.

I bambini che in età prescolare vanno a letto e si svegliano tardi hanno maggiori probabilità di soffrire di disturbi del sonno rispetto ai loro coetanei mattinieri. È quanto emerge da uno studio condotto a Singapore pubblicato su Sleep Medicine.“I problemi di sonno possono iniziare nella prima infanzia e spesso persistono durante lo sviluppo. Sono stati associati a conseguenze negative sulla salute che riguardano il comportamento, gli aspetti cognitivi ed emozionali”, spiega l’autore senior della pubblicazione, Birit Broekman, ricercatrice all’Istitute for Clinical Sciences, Agency for Science, Technology and Research di Singapore.

“Si sa ancora poco su come il cronotipo possa contribuire ai problemi di sonno nei bambini molto piccoli, che non vanno ancora a scuola. Questo studio dimostra che anche in età prescolare i bambini con cronotipi notturni possono avere problemi di sonno”, evidenzia Broekman.

Lo studio

I ricercatori hanno studiato alcune famiglie a Singapore, concentrandosi su 244 bambini tutti intorno ai 4 anni e mezzo. Le madri hanno compilato questionari che hanno permesso ai ricercatori di classificare, sulla base dei cronotipi, i bambini in mattinieri, intermedi o notturni. Inoltre, le madri hanno riportato i problemi relativi all’addormentamento dei figli, come porre resistenza per andare a letto, impiegare molto tempo per addormentarsi, sonnambulismo, disturbi respiratori durante il sonno.

I ricercatori hanno utilizzato anche i monitor per tracciare i ritmi sonno-veglia di 117 bambini nel corso di quattro giorni, per validare i diari del sonno tenuti dalle loro madri.

Sulla base delle domande sul cronotipo, 25 bambini sono stati giudicati mattinieri, 151 intermedi e 64 notturni. L’ora di andare a letto in settimana per i mattinieri era in media attorno alle 10 di sera e la sveglia era puntata alle 7:30 del mattino. Gli intermedi tendevano invece ad andare a letto verso le 22:45 per svegliarsi attorno alle 7:40. I notturni andavano a dormire verso le 11 e si svegliavano dopo le 8:30. Dopo l’aggiustamento per etnia e altri fattori familiari, i ricercatori hanno scoperto che i bambini con cronotipi notturni avevano più problemi di sonno rispetto ai bambini mattinieri o intermedi.

“Queste evidenze suggeriscono che il cronotipo potrebbe essere un fattore che contribuisce ai disturbi del sonno nella prima infanzia”, riflette Broekman. “Tutto ciò potrebbe potenzialmente avere un impatto negativo sul comportamento durante il giorno e lo sviluppo cognitivo, aspetto che resta da testare”.

Fonte: Sleep Med 2016


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