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Sequestrati 1,3 milioni di mascherine. Inoltre sono stati bloccati igienizzanti e saponi per un valore di oltre 750 mila euro, immessi in commercio sebbene privi di registrazione e di indicazioni in lingua italiana.

Nell’ambito delle iniziative predisposte dai Carabinieri dei NAS per fronteggiare potenziali illeciti durante l’attuale emergenza sanitaria, una particolare attenzione è stata dedicata ai controlli sulla regolarità delle attività commerciali e distributive di dispositivi medici e di destinazione d’uso sanitario. Le verifiche hanno interessato anche i flussi commerciali di importazione, al fine di intercettare articoli e presidi medici introdotti irregolarmente sul territorio nazionale e privi delle caratteristiche di sicurezza.

Nel corso dell’ultima settimana, i NAS hanno individuato e sequestrato un milione e 320 mila mascherine di varie categorie, da quelle chirurgiche fino ai dispositivi di protezione individuale (come FFP2-3), risultate irregolari, prive delle caratteristiche dichiarate dai produttori e venditori e oggetto di importazione con modalità non consentite. Inoltre sono stati bloccati igienizzanti e saponi per un valore di oltre 750 mila euro, immessi in commercio sebbene privi di registrazione e di indicazioni in lingua italiana. A causa di tali violazioni sono state deferite all’Autorità giudiziaria 16 persone e sanzionate amministrativamente ulteriori 40 per complessivi 100 mila euro.

I prodotti sequestrati, quali dispositivi facciali, igienizzanti e altri prodotti a destinazione sanitaria, se posti in commercio, avrebbero determinato un indebito profitto economico di oltre 4,5 milioni di euro.

Tra gli interventi, il NAS di Cremona ha eseguito, proprio negli ultimi giorni, il sequestro preventivo di 800.000 mascherine di tipo chirurgico, il cui valore commerciale si attesta a 3 milioni di euro. Il provvedimento è stato eseguito in provincia di Pavia presso il deposito di un’azienda del settore che aveva importato tali dispositivi dalla Repubblica Popolare Cinese, in origine classificati come “mascherine facciali generiche”, successivamente riconfezionate ed etichettate arbitrariamente apponendo la dicitura “presidio medico chirurgico” al fine di immetterle in modo fraudolento nei circuiti della grande distribuzione nazionale. Il NAS di Milano ha accertato la produzione e la commercializzazione di gel per l’igienizzazione delle mani registrato come cosmetico ma al quale erano attribuite caratteristiche antisettiche esclusive dei biocidi.

I Carabinieri operanti hanno preceduto al sequestro di un milione 500 mila bustine monodose, 6.000 flaconi e 58 taniche da 5 litri 2 di prodotto igienizzante, stimato in 700 mila euro di valore commerciale, nonchè al blocco della produzione in attesa della regolarizzazione ed al richiamo delle confezioni già distribuite.

Infine, i Nuclei di Livorno, Bologna, Padova e Firenze, in differenti attività commerciali, hanno sequestrato complessivamente 1.614 dispositivi medici, come saturimetri/ossimetri privi delle certificazioni CE, e kit per esami antigenici rapidi per Covid-19, privi delle indicazioni in lingua italiana e posti in vendita o utilizzati in strutture non autorizzate.


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Il ministro della salute Roberto Speranza: ci dobbiamo fidare dei nostri medici, farmacisti e professionisti sanitari e fare grande attenzione agli acquisti sul web

Durissimo colpo ai gruppi criminali che, ormai da tempo, hanno fatto del mercato della salute (e di quello dei farmaci in particolare) un lucroso terreno di caccia: in una maxioperazione internazionale (nome in codice Shield) coordinata dall’Europol che ha coinvolto 19 Paesi della UE e 9 extra UE e l’Olaf, l’Ufficio europeo antifrode, sono state arrestate 667 persone, sequestrati 25 milioni di medicinali, oscurati 453 siti web, scoperti 10 laboratori clandestini e colpiti duramente 25 gruppi malavitosi dediti ai crimini farmaceutici.

Si tratta della più grande attività condotta contro il pericolosissimo fenomeno della criminalità farmaceutica, resa possibile dalla collaborazione avviata ormai da tempo su scala internazionale, fondata su una cooperazione fattiva e l’organico scambio di informazioni tra gli Stati direttamente toccati dal problema, senza i quali sarebbe altrimenti impossibile individuare, contrastare e  perseguire i traffici illeciti di farmaci contraffatti o provenienti da furti e rapine e il diffusissimo commercio illegale di sostanze dopanti

All’operazione Shield ha partecipato con un ruolo di primo piano  anche il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute, che ha fatto parte della cabina di regia che ha condotto la complessa serie di azioni che hanno portato al sostanziale smantellamento di quella che i giornali hanno subito definito “la più grande farmacia abusiva europea di medicine”.

In una nota, i Nas riferiscono i risultati conseguiti dalle varie articolazioni del Comando Carabinieri per la Tutela della Salute nel corso dell’operazione internazionale, svoltasi nel corso del 2020, con l’esecuzione di 220 attività ispettive e di controllo sul territorio nazionale, l’apertura di 166 tra procedimenti giudiziari e amministrativi e un totale di 13 arresti e 485 segnalazioni alle competenti autorità. Nel nostro  Paese i militari hanno sequestrato 62.000 confezioni e 1,5 milioni di unità di medicinali a uso umano (compresse, fiale, iniettabili, polveri) che i venditori sostenevano avere proprietà terapeutiche, antibiotiche e antinfiammatorie efficaci contro il coronavirus. Sono stati rinvenuti e posti sotto sigillo, inoltre, due milioni di mascherine, guanti, kit protettivi e altri dispositivi di protezione individuale, nonché test diagnostici e liquidi igienizzanti, non conformi o importati illegalmente da paesi esteri. Sono state aperte 166 indagini, tra quelle penali e quelle amministrative. Tredici gli arresti. Il valore della merce è di 6,5 milioni di euro.

“I timori del cittadino rispetto alla diffusione del Covid” si legge in una nota del Nas “alimenta la ricerca frenetica di rimedi fai da te in rete”. Per questo sono stati oscurati 132 siti web, tutti con server posti all’estero e con gestori fittizi. Di questi, 112 vendevano farmaci a base di idrossiclorochina, clorochina, lopinavier, azitromicina che attualmente sono autorizzati solo per la sperimentazione clinica.

“La lotta al Covid-19 si fa anche contrastando la produzione e vendita illegale di farmaci e mascherine” ha commentato il ministro della salute Roberto Speranza, che ha diramato un comunicato per “ringraziare i nostri Carabinieri Nas, che in collaborazione con Europol, hanno stroncato un imponente traffico internazionale di falsi. Su medicinali e dispositivi di protezione ci dobbiamo fidare dei nostri medici, farmacisti e professionisti sanitari e fare grande attenzione agli acquisti sul web”.


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Ha rischiato la vita per le complicanze determinate dall’infezione da Coronavirus: a salvare un dodicenne è stato il lavoro di una equipe multidisciplinare del Meyer. Ora, dopo quattordici giorni trascorsi in rianimazione e una degenza nel reparto di pediatria, il piccolo paziente ha potuto fare ritorno a casa, finalmente guarito.

“È la prima volta, dall’inizio dell’emergenza epidemiologia da Coronavirus, che il personale sanitario del Meyer si trova a fronteggiare un caso di tale gravità: di solito, infatti, il virus colpisce in modo più lieve bambini e adolescenti. Nel caso del dodicenne, invece l’infezione ha scatenato un gravissimo quadro infiammatorio, che in termini tecnici è definito Pims”, spiega una nota dell’ospedale pediatrico. La Pims, illustra la nota, è una sindrome di infiammazione multi-sistemica correlata all’infezione da Sars-Cov-2 identificata nell’età pediatrica. Si tratta di una sindrome infiammatoria, provocata da una vera e propria tempesta di citochine, proteine che regolano la risposta immunitaria dell’organismo e che sono responsabili di una delle complicanze più temute di questa infezione. “Una condizione del tutto imprevedibile e inaspettata, anche perché il paziente non soffriva di alcuna patologia pregressa”, precisa la nota.

Il ragazzino è arrivato al Meyer trasferito dal pronto soccorso di un altro ospedale: un quadro di shock con insufficienza renale ha convinto i medici che lo avevano in cura a disporre con urgenza il trasferimento presso la Rianimazione dell’Ospedale pediatrico fiorentino. Al Meyer è arrivato cosciente, ma l’aggravamento delle sue condizioni è stato improvviso e rapidissimo.

Le sue condizioni sono apparse subito gravissime, per la presenza di un’insufficienza multi-organo che ha compromesso prima la funzionalità dei reni, poi del sistema cardiocircolatorio, dei polmoni e dell’apparato gastroenterico.

Il paziente, affidato alle cure degli operatori della Rianimazione, è stato intubato e supportato nelle sue funzioni vitali. Al lavoro, oltre agli specialisti delle cure intensive, un team multidisciplinare composto da infettivologi, reumatologi, cardiologi e nefrologi.

“Per giorni si è temuto il peggio”, riferisce la nota del Meyer, “anche perché le condizioni del paziente non davano segni di miglioramento. Non è stato facile mettere a punto una terapia adeguata, anche per la mancanza di una casistica pediatrica sufficientemente ampia da fornire indicazioni univoche e sicure sulla cura da adottare”.

In questo senso, sottolinea il Meyer, “si è rivelata utile l’appartenenza a network nazionali e internazionali e il confronto tra specialisti pediatrici, che con l’espandersi dell’epidemia hanno condiviso le loro conoscenze. Nel caso del bambino, è stato efficace l’utilizzo di un farmaco inibitore della Interleuchina-1, di solito usato in gravi patologie autoimmuni, insieme ad altre terapie anti-infiammatorie (immunoglobuline e cortisone)”.


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In undici giorni, dall’inizio di novembre, a Pisa sono stati effettuati 12 trapianti di fegato: Chirurghi, Anestesisti e Infermieri hanno lavorato pressoché senza interruzioni e senza cancellare o rimandare le altre attività chirurgiche programmate.

“Un risultato non nuovo – precisa la nota dell’Aoup – per le unità operative Chirurgia epatica e del trapianto di fegato e Anestesia e rianimazione trapianti, ma particolarmente significativo in questa fase di riacutizzazione della pandemia, che sta costringendo tanti ospedali italiani a ridurre la propria attività chirurgica per dedicare spazi e risorse ai pazienti Covid”.

I trapianti sono stati eseguiti nell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, ma tutto il sistema sanitario regionale toscano è stato coinvolto. Gli organi sono stati donati da cittadini toscani e gli espianti sono stati effettuati a Firenze (Ospedale Santa Maria Annunziata e Careggi), Siena, Piombino, Prato, Pisa e Livorno. A testimonianza del ruolo nazionale svolto dall’Organizzazione Toscana Trapianti, gli organi sono stati trapiantati a pazienti residenti in Toscana, Liguria, Umbria, Puglia e Campania.

“Questi risultati dimostrano la capacità di non tralasciare in alcun modo la mission precipua dell’azienda: nonostante l’impatto della pandemia sappiamo mantenere in totale efficienza le reti tempo-dipendenti e l’attività trapiantologica, continuando a ricoprire un ruolo centrale nella Sanità regionale e nazionale”.


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Il sindacato: “La restituzione delle bombole di ossigeno in farmacia è necessaria per garantire la disponibilità di ossigeno terapeutico a tutti i malati affetti da patologie respiratorie o colpiti da Covid-19”

“Se hai a casa bombole di ossigeno che non usi, riportale in farmacia”. Questo l’appello rivolto ai cittadini dalle oltre 18mila farmacie aderenti a Federfarma, in linea con quanto emerso nel corso del Tavolo di confronto avviato dall’AIFA con Federfarma e Assogastecnici (Associazione delle aziende che operano nel campo della produzione e distribuzione dei gas tecnici, speciali e medicinali) per individuare le soluzioni più idonee ad assicurare le terapie necessarie a tutti i malati in assistenza domiciliare.

Le bombole riconsegnate in farmacia, come previsto dall’AIFA, potranno essere sanificate e riempite di ossigeno terapeutico per un nuovo utilizzo.

“La restituzione delle bombole di ossigeno in farmacia è necessaria per garantire la disponibilità di ossigeno terapeutico a tutti i malati affetti da patologie respiratorie o colpiti da Covid-19” afferma il presidente di Federfarma Nazionale Marco Cossolo. “A seguito di un monitoraggio effettuato da Federfarma, abbiamo rilevato alcune difficoltà di reperimento di bombole di ossigeno per le cure domiciliari di pazienti affetti da patologie respiratorie o connesse al Covid-19”.

Le farmacie sono, come sempre, pronte ad andare incontro alle esigenze dei pazienti e dei loro familiari anche sul fronte delle cure domiciliari e a tal fine hanno dato la più ampia disponibilità a collaborare con l’AIFA per agevolare l’accesso ad un farmaco salvavita, qual è l’ossigeno terapeutico.


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Il covid 19 non viene trasmesso dalla mamma positiva al neonato durante l’allattamento

Una madre Covid positiva può trasmettere il virus durante l’allattamento? Sono stati appena pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Frontiers in Pediatrics i risultati di una ricerca multicentrica tutta italiana su questo tema che rassicura. Coordinata dalla Città della Salute di Torino, si tratta dello studio con la casistica più numerosa finora condotto in Europa e l’unico in cui la ricerca del virus nel latte è stata abbinata alla valutazione clinica dei neonati nel periodo durante l’allattamento: i risultati saranno presentati in anteprima venerdì 2 ottobre al Meeting della European Milk Bank Association.

Sono stati analizzati i campioni di latte di 14 mamme positive al virus dopo il parto, controllando i loro neonati nel primo mese di vita. Il latte è risultato negativo al SARS-CoV-2 in 13 di questi campioni, mentre in un caso è stata identificata per un breve periodo la presenza dell’RNA virale. “Il dato più confortante – spiega una nota della Città della Salute che illustra i risultati – è stato che tutti i neonati, allattati al seno seguendo scrupolosamente le regole raccomandate in questi casi (uso della mascherina, lavaggio appropriato delle mani, pulizia e disinfezione delle superfici e degli oggetti in uso) non hanno mostrato segni di malattia. Anche quattro neonati, le cui mamme si erano ammalate subito dopo il parto, e che erano risultati positivi al virus nei primi giorni, compreso quello con presenza del  virus nel latte materno, si sono tutti negativizzati, in buona salute, nel primo mese di allattamento”.

Lo studio è stato coordinato dalla Neonatologia Universitaria dell’ospedale Sant’Anna della Città della Salute di Torino e dal Laboratorio universitario di Virologia Molecolare del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, cui hanno partecipato, oltre alla Neonatologia ospedaliera del Sant’Anna, le Neonatologie degli ospedali Mauriziano e Maria Vittoria di Torino e quelle degli ospedali di Alessandria, Aosta e del San Martino di Genova. Le analisi molecolari sui campioni di latte sono state condotte nei Laboratori ospedalieri di Microbiologia della Città della Salute e dell’ospedale San Luigi Gonzaga.

“Questi risultati – ha commentato Bertino – sono rassicuranti per le mamme e per gli operatori sanitari che si occupano della salute della madre e del bambino. La ricerca supporta anche le recenti raccomandazioni dell’OMS che, nonostante le limitate informazioni finora disponibili, in considerazione di tutti i benefici, anche immunologici, dell’allattamento materno, lo ha recentemente raccomandato anche per le mamme positive”.

“Da diversi anni – ha aggiunto Lembo – stiamo studiando le proprietà antivirali del latte materno ed abbiamo identificato nuovi componenti attivi che potrebbero proteggere il lattante dalle infezioni virali. Anche per questo motivo, salvo poche eccezioni, l’allattamento al seno è una risorsa importante per la salute del neonato.”


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Truffe finanziarie, prodotti sanitari contraffatti, come kit di test illegali o non approvati, trattamenti non testati e presunte cure.

Se i social network hanno avuto, in particolare nelle fasi più difficili dell’emergenza, un ruolo importante di informazione, sono stati anche però al contempo terreno fertile per i raggiri.

Lo rileva una ricerca della University of California San Diego School of Medicine, pubblicata sul Journal of Medical Internet Research Public Health and Surveillance. I ricercatori hanno identificato migliaia di post sui social media in due piattaforme popolari – Twitter e Instagram – legati a truffe finanziarie e possibili merci contraffatte specifiche per coronavirus e trattamenti non approvati; da marzo a maggio 2020 quasi duemila solo negli Usa. T. Mackey, autore principale dello studio, fornisce tre suggerimenti chiave per identificare un post fraudolento o una truffa: 1-Se è troppo bello per essere vero, probabilmente non lo è.

Occorre fare attenzione quando vengono menzionate vendite all’ingrosso o rapide, prezzi economici e verificare affermazioni come l’approvazione della Fda e simili. 2- E’ probabile che sia illegale importare prodotti come i test COVID-19 da un altro paese. 3-Se il venditore sta conducendo affari o una transazione tramite messaggi diretti sui social media o un’altra applicazione di comunicazione non tradizionale, inclusi Skype o WhatsApp, probabilmente ciò che fa non è legittimo.


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L’intervento, durato 8 ore, è stato eseguito al Regina Margherita su una donna di 87 anni. Il lembo di osso prelevato dalla scapola è stato rivascolarizzato mediante tecniche microchirurgiche alle arterie e alle vene del collo, per ripristinare l’aspetto estetico e soprattutto funzionale, ricostruendo i tessuti asportati per la neoplasia.

L’equipe dell’Unità di Otorinolaringoiatria dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, ha asportato un esteso tumore dell’arco della mandibola, con contestuale  ricostruzione chirurgica, alla signora M. di 87 anni che ha superato in modo brillante il delicato intervento durato 8 ore.

“E’ necessario ricostruire il deficit osseo per garantire una buona qualità di vita al paziente, specie quando particolarmente fragile e più esposto a complicanze. La rimozione dell’arco anteriore mandibolare  – ha spiegato il Direttore in una nota diffusa dall’Istituto – comporta un difetto funzionale ed estetico molto invalidante”.

“Il lembo di osso prelevato dalla scapola – ha aggiunto –  è stato rivascolarizzato mediante tecniche microchirurgiche alle arterie e alle vene del collo, per ripristinare l’aspetto estetico e soprattutto funzionale, ricostruendo i tessuti asportati per la neoplasia”.

“Siamo molto soddisfatti della riuscita dell’intervento che è sofisticato e molto raramente può essere effettuato in pazienti di età così avanzata – prosegue Pellini – . Solitamente la sede donatrice di tessuto è la gamba, che offre una porzione di osso più idonea alla ricostruzione e consente a due equipe chirurgiche di lavorare contemporaneamente. In questo caso la paziente, presentava però difficoltà alla deambulazione legate all’età e a una fisiologica degenerazione articolare. Abbiamo scelto, in accordo con la paziente e dopo consulto con i familiari, di prelevare l’osso donatore dalla scapola, nonostante le maggiori difficoltà tecniche ed esecutive”.

L’intervento, eccezionale in una paziente così anziana, non ha presentato complicanze e a distanza di pochi giorni dall’operazione M. è stata dimessa ed è tornata dalla sua famiglia.

“Questo è un ottimo esempio dell’attenzione che gli Istituti rivolgono al paziente fragile, anziano e oncologico – dichiara Francesco Ripa di Meana, direttore generale IFO. – In emergenza sanitaria da Covid19 siamo ancor più proiettati verso la continua innovazione nella ricerca clinica e nell’adozione dei massimi criteri di sicurezza a favore dei cittadini e delle prestazioni offerte.”


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L’unicità dell’intervento consiste nell’avere impiantato in una sede anatomica diversa da quella naturale, in questo caso nella milza del paziente, una sezione di fegato del donatore per consentire di crescere adeguatamente e al contempo non entrare in contatto con il fegato metastatico che avrebbe potuto compromettere anche il nuovo organo. Quando la porzione di fegato è cresciuta sufficientemente per svolgere autonomamente la propria funzione, si è proceduto alla rimozione dell’organo malato.

Al S. Orsola di Bologna unico caso al mondo di trapianto eterotopico di fegato parziale . L’intervento, ideato dal professore Matteo Ravaioli ed eseguito presso la Chirurgia Generale e Trapianti diretta dal professore Matteo Cescon, ha previsto l’impianto di una piccola porzione di fegato al posto della milza del ricevente e, quando la porzione di fegato è cresciuta sufficientemente per svolgere autonomamente la propria funzione, si è proceduto alla rimozione del fegato originario che presentava metastasi epatiche non resecabili da tumore del colon. In questo modo è stato possibile curare il tumore ed eseguire il trapianto di fegato.”Il paziente ora sta bene e conduce una vita normale senza limitazioni”, riferisce una nota del policlinico bolognese.

L’unicità dell’intervento è consistita nell’avere impiantato nella milza del paziente non un organo intero, non disponibile, ma solo una sezione di fegato del donatore per consentire di crescere adeguatamente e al contempo non entrare in contatto con il fegato metastatico che avrebbe potuto compromettere anche il nuovo organo. Quindi è stato possibile eseguire la rimozione totale dell’organo malato.

“Questo intervento chirurgico – precisa la nota – si colloca perfettamente all’interno della mission trapiantologica e oncologica del neonato IRCCS Policlinico di S. Orsola. Il nuovo Irccs, infatti, segna la strada che porterà Bologna ad avere un ruolo da protagonista a livello nazionale e internazionale nel mondo della ricerca applicata e al trasferimento dei risultati scientifici sul piano clinico ed assistenziale. Per i pazienti con patologie molto complesse che già oggi, da tutta Italia e non solo, vengono curati in questi ospedali, significa poter contare su protocolli sperimentali e ricevere i trattamenti più innovativi. Per i professionisti, sviluppare ulteriormente l’attività di ricerca anche entrando a far parte di reti internazionali”.

Protagonista del caso è un uomo di 40 anni affetto da metastasi al fegato generate da un precedente tumore all’intestino che, nonostante fosse stato sottoposto alla rimozione chirurgica, ha visto ricomparire la malattia dopo poco tempo dopo. La rimozione chirurgica non era più possibile. L’unica possibilità era l’intervento con questa nuova strategia che essendo del tutto nuova, ha richiesto una complessa ma necessaria procedura di approvazione da parte del Comitato etico del Policlinico e del Centro Nazionale Trapianti.


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