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Il 3 marzo si è celebrata la giornata dedicata all’udito, una ricorrenza nazionale che si svolge in contemporanea con World Hearing Day. L’obiettivo è di sensibilizzare tutti i cittadini alla prevenzione, in un’epoca in cui l’uso dei dispositivi elettronici di ultima generazione e l’esposizione a suoni di elevato volume mette tutti a rischio, anche i più piccoli. Secondo l’Oms i disturbi dell’udito hanno un costo complessivo valutabile in 750 miliardi di dollari.

Utilizzare smartphones o lettori MP3, frequentare discoteche, bar, pub o eventi sportivi può esporre a frequenze sonore così alte da danneggiare l’udito. Può accadere a chiunque, giovani o vecchi che siano. Anche in questo caso non c’è miglior cura della prevenzione. Ed è per sensibilizzare tutti i cittadini su questa tematica che il 3 marzo si è svolta la Giornata dell’udito, organizzata dall’associazione Nonno Ascoltami!, con il patrocinio del Ministero della Salute.

L’evento, moderato da Luciano Onder, responsabile TG5 Salute, si svolge in occasione del World Hearing Day, indetto dall’Organizzazione mondiale della sanità, rappresentato per l’occasione da Shelly Chadha, direttore del dipartimento prevenzione dell’Oms. Organizzati diversi momenti di discussione e confronto tra i referenti scientifici presenti, tra questi il “Focus sui problemi di udito”, a cura del costituito comitato scientifico, per approfondire le tematiche legate all’epidemiologia dell’ipoacusia in Italia. Poi, spazio anche la campagna di prevenzione “L’udito è uno strumento prezioso”, realizzata in collaborazione con il Comitato Nazionale Italiano Musica – Cidim e basata sui problemi dell’udito e sugli stili di vita che possono concorrere all’insorgenza dell’ipoacusia nei più giovani.

Le stime dell’Oms
La perdita dell’udito non curata, secondo le stime 2016 dell’Oms, ha un costo globale di 750 miliardi di dollari. Soprattutto ogni anno i costi per i sistemi sanitari, oltre a quelli per i dispositivi acustici, vanno dai 67 ai 107 miliardi di dollari. Mentre la perdita di produttività, a causa della disoccupazione e dal pensionamento anticipato arriva a 105 mld di dollari. I costi sociali derivanti dalla situazione di isolamento di quanti sono colpiti da sordità a causa delle difficoltà di comunicazione e dallo stigma arrivano a 573 miliardi. Mentre quelli per l’assistenza scolastica ai bambini con perdita di udito, di età compresa tra i 5 e i 14 anni, sono stimati in 3,9 miliardi di dollari.

L’Oms raccomanda quindi di investire risorse adeguate per azioni di prevenzione e di cura e inserire nei programmi sanitari azioni di cura per l’integrità dell’udito e dell’orecchio, la formazione professionale, implementare programmi di prevenzione e aumentare la consapevolezza del problema  tra tutti i settori della società.

Infine l’Oms ricorda che sono efficaci tutte le azioni contro i rumori forti e quelle per la diagnosi, il trattamento dell’otite media; le azioni di screening nei neonati, nei bambini in età scolare e negli adulti sopra i 50 anni. Ed anche fornire trattamenti riabilitativi, supporti per l’uso continuo di apparecchi acustici e  migliorare l’accesso agli impianti cocleari.


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Uno studio condotto sui topi ha mostrato che, grazie a un vettore di virus sintetici, è possibile introdurre nell’orecchio geni in grado di “riparare” l’udito. Sulla base di queste evidenze, un secondo team di ricerca ha ripetuto con successo l’esperimento.

La terapia genica può restituire l’udito. Al momento il successo è stato registrato nel modello animale, in particolare nei topi, ma i ricercatori sono convinti di poter applicare la scoperta anche sull’uomo. L’esperimento è stato condotto dal team guidato da Likas Landegger, della Harvard Medical School di Boston.

Un lavoro precedente di questo stesso gruppo di ricerca aveva dimostrato che la terapia genica era in grado di restituire un udito di base a topi geneticamente sordi. per il nuovo studio è stato messo a punto un vettore di virus sintetici adeno-associati Anc80L65, che va a colpire sia le cellule ciliate interne ed esterne che si trovano nella coclea. L’iniezione del vettore in questa parte dell’orecchio era ben tollerata e la funzione uditiva non rimaneva danneggiata “Anc80L65 è un vettore affidabile per il rilascio genico nell’orecchio interno – afferma Landegger – e i dati raccolti mostrano una conservazione dell’udito e della funzione vestibolare nei topi coinvolti”.

Sulla base di queste evidenze, un altro team di ricerca, guidato da Gwenaelle Geleoc del Boston Children’s Hospital, ha utilizzato Anc80L65 per rilasciare una versione corretta del gene per la sindrome di Usher di tipo 1C (Ush1c c.216G>A) nell’orecchio interno dei topi nati laboratorio con una versione difettosa del gene. Le cellule ciliate interne ed esterne nella coclea hanno iniziato a produrre livelli normali di armonina – una proteina che media la trasduzione nelle cellule ciliate – e hanno formato fasci normali che rispondevano alle onde sonore. Inoltre, i topi sordi trattati immediatamente dopo la nascita tornavano a sentire, come dimostrato dalle risposte a rumori forti in una gabbia che fa sobbalzare. Ulteriori test hanno mostrato che tali animali erano anche in grado di reagire a suoni deboli; 19 dei 25 topi sono riusciti a udire suoni al di sotto degli 80 decibel e pochi hanno captato suoni da 25 a 30 decibel, come i topi normali. In più, la terapia ha ridato equilibrio alle cavie con disfunzione vestibolare.

Fonte: Nature Biotechnology 2017


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