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In undici giorni, dall’inizio di novembre, a Pisa sono stati effettuati 12 trapianti di fegato: Chirurghi, Anestesisti e Infermieri hanno lavorato pressoché senza interruzioni e senza cancellare o rimandare le altre attività chirurgiche programmate.

“Un risultato non nuovo – precisa la nota dell’Aoup – per le unità operative Chirurgia epatica e del trapianto di fegato e Anestesia e rianimazione trapianti, ma particolarmente significativo in questa fase di riacutizzazione della pandemia, che sta costringendo tanti ospedali italiani a ridurre la propria attività chirurgica per dedicare spazi e risorse ai pazienti Covid”.

I trapianti sono stati eseguiti nell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, ma tutto il sistema sanitario regionale toscano è stato coinvolto. Gli organi sono stati donati da cittadini toscani e gli espianti sono stati effettuati a Firenze (Ospedale Santa Maria Annunziata e Careggi), Siena, Piombino, Prato, Pisa e Livorno. A testimonianza del ruolo nazionale svolto dall’Organizzazione Toscana Trapianti, gli organi sono stati trapiantati a pazienti residenti in Toscana, Liguria, Umbria, Puglia e Campania.

“Questi risultati dimostrano la capacità di non tralasciare in alcun modo la mission precipua dell’azienda: nonostante l’impatto della pandemia sappiamo mantenere in totale efficienza le reti tempo-dipendenti e l’attività trapiantologica, continuando a ricoprire un ruolo centrale nella Sanità regionale e nazionale”.


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Incrociando coppie di donatori incompatibili, secondo il programma nazionale di trapianto cross-over, e aperta con una donazione di rene da deceduto in Piemonte, la catena si è chiusa nella stessa regione, attraversando Veneto, Sicilia e Puglia, e salvando la vita a quattro pazienti in trattamento dialitico

Quando una catena di donazioni con scambio di organi e trapianti incrociati attraversa l’Italia e supera le barriere del Coronavirus…

Proprio nelle settimane durante le quali lo spettro del Covid-19 sta bloccando e divide buona parte dell’Italia e non solo, una catena di solidarietà ha unito il nostro Paese, incrociando coppie di donatori incompatibili e, aperta con una donazione da deceduto in Piemonte, si è chiusa nella stessa regione, attraversando Veneto, Sicilia e Puglia, e salvando la vita a quattro pazienti in trattamento dialitico. Si chiama programma Cross-over.

In partenza lo scorso novembre il Piemonte ha donato un organo di una donatrice deceduta. Il suo rene era risultato idoneo per un paziente di Padova inserito nel programma cross-over Dec-k (DECeased Kidney). L’avvenuto trapianto su questo paziente ha innescato una catena di donazioni da vivente e trapianti che ha coinvolto 3 coppie seguite in regioni diverse d’Italia (Veneto, Sicilia e Puglia). La compatibilità biologica delle nuove coppie è stata determinata grazie al coinvolgimento di diversi Laboratori di Immunogenetica e dei Coordinamenti regionali trapianto (per il Piemonte all’ospedale Molinette diretti dal professor Antonio Amoroso).

In seguito a Padova, in Veneto, a sua volta ha donato a Palermo in Sicilia, che a sua volta ancora ha donato un organo a Bari in Puglia. Qui ne ha beneficiato una coppia incompatibile per un trapianto di rene da vivente. La donatrice vivente, moglie del ricevente, in riconoscenza per aver salvato il marito, ha donato un rene ad una giovane donna di Torino, chiudendo proprio questa catena di scambi in Piemonte.

Così per la prima volta in Piemonte all’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino è stato effettuato con successo un trapianto di rene su una donna da una donatrice vivente di Bari secondo il programma nazionale di trapianto di rene cross-over (a modalità incrociata), grazie allo scambio di coppie di donatori e creando un effetto a catena di donazione.

Il programma cross-over è attivo a livello nazionale già da qualche anno: è molto complesso dal punto di vista organizzativo, ma offre l’opportunità di ottenere un trapianto anche in caso di incompatibilità immunologica con un donatore vivente nel caso in cui la donazione diretta tra persone legate affettivamente non fosse possibile. Questo avviene “incrociando” le coppie a livello nazionale in modo che i pazienti che hanno una persona emotivamente correlata che generosamente voglia donargli un rene anche se è incompatibile, possa alla fine fare il trapianto, scambiando i donatori con coppie che hanno lo stesso problema. Combinando diversi incroci si genera una “catena” di donazione che riesce a rendere possibile il trapianto per diverse persone.

Fino a pochi anni fa queste catene di trapianti potevano essere attivate solo grazie ad un donatore samaritano, cioè ad una persona che dona spontaneamente un suo rene per il bene della comunità. Da quest’anno è attivo su tutto il territorio il programma cross-over Dec-k, che prevede l’innesco della catena di scambio di trapianti incrociati da parte di un donatore deceduto.

La prima volta del Piemonte è stata proprio con questo nuovo sistema ed ha permesso il trapianto di una giovane paziente di 33 anni in dialisi dal 2014.  Il rene è arrivato anche con il contributo delle forze di Polizia di Bari (in foto la consegna dell’organo), dove è stato prelevato in mattinata ed è stato poi trapiantato a Torino nello stesso giorno, presso l’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino. L’intervento è tecnicamente riuscito e per la paziente la dialisi è ormai un ricordo, mentre la funzionalità del rene trapiantato migliora rapidamente con le cure dell’équipe nefrologica.

Luigi Biancone, responsabile del programma di trapianto renale nell’adulto presso la Città della Salute di Torino, segnala che: “Alle Molinette abbiamo quasi triplicato il numero di trapianti di rene da vivente negli ultimi 4 anni e questo programma di cross-over potrà dare ulteriore slancio alla nostra attività. Nonostante l’attività notevole nel trapianto da donatore deceduto, i tempi di attesa in dialisi rimangono lunghi, ed oltretutto il trapianto da donatore vivente ha una funzionalità e durata maggiore. Ecco perché la generosità di un donatore può essere così importante”.

Sottolinea il valore di questo risultato anche il Direttore del Centro Nazionale Trapianti, Massimo Cardillo: “Ringrazio il Centro trapianti di rene di Torino, i centri di Padova, Palermo e Bari e i coordinamenti delle regioni coinvolte per l’impegno di collaborazione mostrato nell’aver portato a compimento questa catena di donazioni. In particolare, in questo momento di emergenza sanitaria nazionale, la Rete trapianti dimostra ancora una volta di essere unita dal Nord al Sud del Paese al servizio dei tanti pazienti in attesa di un organo”.


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È successo all’ospedale Santa Maria Nuova di Firenze. Il paziente, deceduto nei giorni scorsi, è stato ritenuto idoneo al prelievo di fegato e i familiari, seguendo la volontà del proprio congiunto, hanno acconsentito al trapianto in un paziente di 60 anni, da tempo in lista di attesa.

E’ stato raggiunto il record nazionale di età per la donazione di organi. Un paziente di 97 anni deceduto nei giorni scorsi in rianimazione all’ospedale Santa Maria Nuova di Firenze è stato ritenuto idoneo al prelievo di fegato e i familiari, seguendo la volontà del proprio congiunto, hanno acconsentito al trapianto in un paziente di 60 anni, da tempo in lista di attesa. Questo è il secondo caso nell’arco di pochi mesi, il primo è accaduto a fine aprile con un donatore di 93 anni, e rappresenta un primato assoluto nel panorama italiano per l’attività trapiantologica in quanto in 20 anni ci sono stati solo altri tre donatori in età avanzata che hanno permesso di effettuare un trapianto.

“Vorrei complimentarmi con i Coordinamenti locali ospedalieri e tutti i referenti delle Rianimazioni, DEA e reparti di Medicina, che con umanità e professionalità affrontano quotidianamente l’assistenza clinica di pazienti affetti anche da gravi malattie che possono portare, sia a guarigione, ma anche alla morte – afferma Alessandro Pacini, Coordinatore locale donazione e trapianti dell’Azienda USL Toscana Centro – In questo ultimo caso è importante considerare che una donazione di organi e tessuti, secondo una volontà espressa in vita dal deceduto o nulla osta dei congiunti aventi diritto, può salvare la vita di molti pazienti la cui unica speranza è un trapianto.

“Oggi il percorso di valutazione della qualità degli organi da parte della nostra Rete trapiantologica è così accurato da permettere la donazione da persone molto anziane che un tempo non era possibile prendere in considerazione”: così commenta il direttore del Centro nazionale trapianti Massimo Cardillo.

Si tratta del donatore più anziano mai registrato nel nostro Paese: dal 2003 a oggi erano stati effettuati altri tre prelievi da pazienti 97enni, e in tutti i casi si era trattato di fegato. Negli ultimi 20 anni i prelievi da donatori ultranovantenni sono stati 56. Dal 2002 a oggi l’età media dei donatori di organi è salita da 52 a 56 anni.

“I trapianti da donatore anziano danno buoni risultati e possono avvenire in totale sicurezza – continua Cardillo – in particolare per quanto riguarda il fegato, un organo che può mantenere una funzionalità ottimale anche in età molto avanzata se il donatore ha mantenuto uno stile di vita salutare”.

“Prelievi di questo tipo richiedono comunque una gestione professionale ottimale e per questo mi congratulo con l’equipe dell’ospedale Santa Maria Nuova e con i coordinamenti trapianti della Asl Toscana Centro e della Regione Toscana”, conclude il direttore del CNT, che ricorda come il caso di Firenze sia “la testimonianza che la donazione degli organi è possibile a ogni età: per questo invitiamo tutti i cittadini, anche i più anziani, a registrare la propria volontà alla donazione attraverso le tante modalità previste dalla legge, in particolare in occasione del rinnovo della carta d’identità”.


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Per la prima volta in Italia in uno stesso centro, l’Azienda ospedaliero universitaria Careggi di Firenze, sono stati eseguiti tre trapianti da donatori viventi, incompatibili immunologicamente con il proprio partner di riferimento, utilizzando la tecnica cross-over, cioè dell’accoppiamento incrociato.

“Per la prima volta in Italia in uno stesso centro, l’Azienda ospedaliero – universitaria Careggi di Firenze, sono stati eseguiti tre trapianti da donatori viventi, incompatibili immunologicamente con il proprio partner di riferimento, utilizzando la tecnica cross-over cioè dell’accoppiamento incrociato”. A darne notizia, un comunicato dell’Aou Careggi.

“Gli interventi – spiega il professor Sergio Serni direttore della Chirurgia urologica robotica, mini invasiva e dei trapianti renali del Dipartimento oncologico e di chirurgia a indirizzo robotico diretto dal professor Marco Carini – sono stati possibili trapiantando i tre reni prelevati dai donatori ai rispettivi riceventi compatibili che erano appartenenti ad una delle altre due coppie. I donatori sono stati tre uomini che hanno donato il rene, assegnato in base alla compatibilità al di fuori della coppia di appartenenza, in due casi alle mogli e in un caso al figlio. Tutti i reni trapiantati nei giorni scorsi -prosegue Serni – hanno ripreso a funzionare immediatamente e nessun paziente ha avuto complicanze post-operatorie”.

“Questa esperienza – dichiara la dottoressa Maria Luisa Migliaccio del Centro Regionale Allocazione Organi e Tessuti – è stata complessa dal punto di vista organizzativo per il coinvolgimento di 6 persone fra donatori e riceventi, ma dimostra non solo come sia altruistico e nobile l’atto della donazione ma come la fiducia negli altri possa ripagare, tanto da donare il proprio rene ad una persona sconosciuta, anche per questo l’impegno nella gestione del percorso di donazione è stato particolarmente intenso”.

“Importante – aggiunge Serni – è stato il lavoro di preparazione e supporto alle coppie svolto dalla dottoressa Aida Larti della Nefrologia di Careggi che ha richiesto un periodo di circa 3 mesi prima che il programma si potesse realizzare. Tutti i prelievi di rene da donatore vivente sono stati effettuati con chirurgia mininvasiva robotica e anche i trapianti in 2 casi sono stati eseguiti con chirurgia robotica. Per poter eseguire i prelievi e i relativi trapianti in successione, in certi momenti, sono stati impiegati contemporaneamente tutti e tre i robot chirurgici installati nelle sale del complesso chirurgico del padiglione San Luca di Careggi”.

“I componenti delle equipe chirurgiche che si sono succeduti nelle varie fasi di prelievo – conclude la nota -, preparazione dell’organo e trapianto sono stati: oltre al professor Sergio Serni, i dottori Graziano Vignolini, Vincenzo Li Marzi, Saverio Giancane, Simone Caroassai, Arcangelo Sebastianelli, Riccardo Campi, Francesco Sessa, con gli anestesisti coordinati dalla dottoressa Laura Paparella e con l’apporto per la consulenza vascolare del dottor Alessandro Alessi Innocenti”.


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