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L’esposizione prolungata al fumo passivo può causare, nei bambini, l’assottigliamento della coroide, uno strato nella parte posteriore degli occhi che contiene molti vasi sanguigni.

“L’esposizione al fumo passivo è un’importante minaccia per la salute pubblica, e colpisce fino al 40% dei bambini”, dice Yam dell’Università cinese di Hong Kong, coautore di uno studio che ha valutato le possibili conseguenze di questa esposizione sulla vista. Con il suo gruppo di ricerca Yam ha scoperto che più i bambini sono esposti al fumo passivo, più la coroide, uno strato nella parte posteriore degli occhi che contiene molti vasi sanguigni, è sottile. La ricerca è stata pubblicata online dalla rivista JAMA Ophthalmology.

Lo studio

Lo studio è stato condotto su 1.400 bambini di età compresa tra i 6 e gli 8 anni ed è durato 8 anni. Tra questi, 941 non erano esposti al fumo passivo. I ricercatori hanno raccolto delle informazioni demografiche, oltre a età, sesso, indice di massa corporea, peso alla nascita ed esposizione al fumo passivo. Hanno poi misurato le coroidi dei bambini con tomografia a coerenza ottica con sorgente spazzata.

Confrontando le scansioni dei bambini esposti al fumo passivo con quelle dei bambini non esposti, i ricercatori hanno scoperto che le coroidi dei primi erano più sottili di 6-8 micrometri e hanno osservato che il livello di assottigliamento dipendeva dalla quantità di fumo passivo alla quale erano stati esposti.

A partire da questi risultati, secondo Yam “i genitori che fumano dovrebbero smettere di fumare per proteggere gli occhi dei loro figli” e dovrebbero impedire ai bambini di essere esposti al fumo passivo.

Si sa che il fumo passivo è associato a problemi visivi negli adulti, ma il suo impatto sugli occhi dei bambini non era ancora noto.
I risultati dello studio “supportano prove relative ai potenziali rischi del fumo passivo per i bambini”, osserva Fernando Arevalo, della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora, non coinvolto nello studio.

“Non c’è dubbio che il fumo di sigaretta sia un importante fattore di rischio per le malattie sistemiche e le malattie vascolari oculari”, conclude Arevalo. “I bambini non dovrebbero essere esposti al fumo passivo in quanto questa esposizione può portare a malattie vascolari all’inizio della vita, a degenerazione maculare correlata all’età, a cataratta, glaucoma e altre patologie”.

Fonte: JAMA Ophthalmology


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Non è così vero che fumare poche sigarette al giorno non fa male. Causa comunque un danno a lungo termine ai polmoni.

Questo l’avvertimento che arriva da una ricerca del Columbia University Irving Medical Center, pubblicato su The Lancet Respiratory Medicine.

I ricercatori hanno esaminato in particolare la quantità di aria che si può inspirare ed espirare in fumatori, ex-fumatori e non fumatori. La funzione polmonare diminuisce naturalmente con l’età (a partire dai 20 anni) ed è noto che il fumo accelera questo processo.

Sono stati presi in esame i dati relativi a 25352 persone, tra i 18 e i 93 anni, e proprio grazie a questo campione abbastanza ampio gli studiosi hanno potuto osservare le differenze nella funzione polmonare tra chi fumava meno di cinque sigarette al giorno e chi si attestava a più di 30.

L’analisi ha rivelato che la funzione polmonare in chi fuma seppur poco diminuisce a un ritmo molto più vicino a quello dei fumatori pesanti piuttosto che dei non fumatori. Rispetto al tasso di declino di questa funzione in un non fumatore, impostato a zero, quello aggiuntivo per i fumatori cosiddetti leggeri è di 7,65 ml/anno, mentre arriva a 11,24 ml/anno per i fumatori pesanti.

Ciò significa che un fumatore leggero potrebbe perdere circa la stessa quantità di funzionalità polmonare in un anno di un fumatore pesante in nove mesi. «Fumare un paio di sigarette al giorno – evidenzia Elizabeth Oelsner, che ha guidato lo studio – è molto più rischioso di quanto si pensi. Tutti dovrebbero essere incoraggiati a smettere, indipendentemente dal numero di sigarette al giorno fumate».

Lo studio ha anche testato un’ipotesi, basata su uno studio di 40 anni fa, secondo cui il tasso di declino della capacità polmonare “si normalizza” entro pochi anni dalla cessazione del fumo, mostrando invece che sebbene la capacità polmonare diminuisca a un tasso molto più basso negli ex fumatori rispetto a chi attualmente fuma, tale tasso non si normalizza per almeno 30 anni.

ANSA


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La parola d’ordine è smettere di fumare

L’Italia rischia di detenere un triste primato, ovvero quello del più alto indice di malattie cardiovascolari che rappresentano la principale causa di morte di tutti i decessi. Le raccomandazioni più frequenti riguardano un’attenzione particolare da porre al regime alimentare e allo stile di vita, che deve essere improntato ad una maggiore attività fisica e all’eliminazione di pratiche poco salutari come l’alcol e il fumo. E proprio il fumo di sigaretta è tra le cause principali dell’insorgenza di malattie cardiovascolari, ma in Italia i fumatori rappresentano ancora il 23% della popolazione.

A puntare i riflettori sul tema l’incontro “Bacco, Tabacco ed Eros: un cocktail letale o un elisir di lunga vita?” organizzato nella Capitale nell’ambito della XV edizione di Romacuore, manifestazione dedicata ai progressi della medicina cardiologica.

“Roma Cuore rappresenta un importantissimo momento di confronto e discussione sul mondo della cardiologia – ha spiegato Giuseppe Germanò, Responsabile del Servizio Speciale di Semeiotica Medica V/Fisiopatologia del Ricambio Lipidico presso il Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, Respiratorie, Geriatriche e Nefrologiche dell’Università La Sapienza di Roma –  soprattutto in virtù del fatto che proprio le malattie cardiovascolari rappresentano ancora oggi la principale causa di morte nel nostro Paese, essendo responsabili del 44% di tutti i decessi. Uno stile di vita sano, attività sportiva costante e buona alimentazione possono aiutare il nostro organismo a ridurre il rischio di fare ammalare il nostro cuore così come eliminare i brutti vizi, come il consumo eccessivo di alcool e il fumo”.

Per attività fisica non bisogna necessariamente immaginare pesanti e prolungati sforzi atletici, specie se non si è abituati a sostenerli, ricordano gli esperti. Una camminata veloce, ad esempio, aiuta a rinforzare il miocardio.

Nemico del cuore resta il fumo, come spiega Johan Rossi Mason, autrice del libro “Senti chi fuma: la spinta gentile alla cessazione”. “Il fumo è senza dubbio una delle principali cause dell’insorgenza di malattie cardiovascolari – ha affermato – tuttavia, nonostante i danni di questa cattiva abitudine siano chiari ai più, il numero di fumatori in Italia è costante e pari a circa il 23% della popolazione. Sul territorio italiano sono dislocati 366 centri antifumo a cui si rivolgono 16 mila fumatori ogni anno con un tasso di successo del 45%. Calcolatrice alla mano smettono grazie a questo aiuto circa 8mila persone, mentre rimangono legati alle sigarette più di 12 milioni. Tutti gli altri provano con il ‘fai da te’ spesso ricadendo nella dipendenza. Nel libro per la prima volta abbiamo affrontato il tema della cessazione ascoltando i diretti interessati: i fumatori. E ipotizzando che le attuali proposte non siano ‘ricevibili dai fumatori troppo spesso abbandonati a loro stessi con un problema che vivono come ambivalente, divisi come sono tra il piacere e la soddisfazione immediata e i rischi per la salute”.

Fermo restando che la scelta migliore è quella di smettere di fumare, tuttavia tra gli esperti si fa largo un approccio più pragmatico al problema. “È chiaro che come medico sostengo fortemente che la scelta d’elezione della classe medica debba essere la cessazione – ha concluso Germanò – ma dobbiamo adottare un approccio pragmatico sul fumo, offrendo a quei fumatori adulti che altrimenti continuerebbero a fumare delle soluzioni alternative che, eliminando la combustione e quindi la gran parte dei composti nocivi delle sigarette, hanno il potenziale di ridurre il rischio di contrarre malattie fumo correlate”.


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L’ideale sarebbe arrivare a 150 minuti settimanali di attività fisica a moderata intensità, ma già con 90 minuti a settimana una donna di mezza età che decide di smettere di fumare può registrare un minore incremento del peso

Anche solo camminare a passo svelto per circa 90 minuti a settimana ridurrebbe il rischio di prendere peso tra le donne di mezza età che vogliono smettere di fumare. I risultati migliori, però si otterrebbero facendo 150 minuti di attività fisica di moderata intensità a settimana. È quanto suggerisce uno studio pubblicato da Menopause e condotto da un team di ricercatori guidato da Juhua Luo, dell’Indiana University di Bloomington, negli USA.

Lo studio. Luo e colleghi hanno monitorato 4.717 fumatori di età compresa tra 50 e 70 anni. Di questi, 2.282 erano donne che, al momento di smettere di fumare, hanno preso, complessivamente, 3,5 chili in più di peso. Tra le donne, però, che facevano attività fisica moderata per 150 minuti a settimana, l’aumento medio di peso è stato di 2,55 chili, mentre tra coloro che non facevano attività fisica, o la riducevano, l’aumento di peso è stato di 3,88 chili, in media, dopo aver smesso di fumare.Per le donne che svolgevano un alto livello di attività fisica all’inizio e alla fine dello studio, dopo aver smesso di fumare, l’aumento medio di peso registrato è stato di 2,63 chili. Infine, aumentare l’attività fisica ha avuto un beneficio maggiore per le donne che erano obese rispetto a quelle di peso normale.

“Abbiamo scoperto che anche poca attività fisica riduce al minimo l’aumento di peso dopo che le donne sperimentano dopo aver smesso di fumare”, commenta Juhua Luo . “Sorprendentemente le donne che facevano poca attività fisica e intensificavano l’esercizio dopo aver smesso di fumare avevano lo stesso beneficio delle donne fisicamente attive sia prima che dopo aver smesso di fumare”.

Fonte: Menopause


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