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Raffreddore, tosse, mal di gola, otiti e febbre. Gennaio e febbraio sono mesi critici per le infezioni alle vie respiratorie, che costringono spesso a letto i più piccini. Un’alimentazione ricca di frutta e verdura è il presupposto per affrontare al meglio l’inverno, ma accanto a questo ci sono utili indicazioni da tenere a mente per le settimane più fredde dell’anno.

«Il sistema immunitario – spiega Susanna Esposito, ordinario di Pediatria dell’Università di Perugia – cresce insieme al bambino, ed è fisiologico che nei primi 5 anni di vita si ammali di più». Per ridurre il rischio bisogna in primis seguire precise regole igieniche: «non esporre il bimbo a fumo passivo, evitare il ciuccio, areare i locali ed effettuare almeno due volte al giorno lavaggi nasali con acqua fisiologica, per evitare che i batteri scendano dal naso nella laringe», spiega Esposito.

Senza dimenticare di lavare spesso e in modo approfondito le mani. In secondo luogo, niente fretta: l’eliminazione del virus dura in media una settimana e aver sfebbrato non significa che l’infezione sia passata. Non rispettare i tempi di convalescenza favorisce la trasmissione ad altri e rende il piccolo predisposto ad altri germi.

«Circa un bimbo su 4, inoltre, – chiarisce – è particolarmente delicato, ciò significa che va incontro a oltre 6 infezioni respiratorie l’anno. In tal caso, meglio diminuire le ore di frequenza della comunità: oltre le 5 al giorno espone a rischio maggiore di contagio, che avviene soprattutto durante l’ora della nanna».

Infine, considerare l’uso di un aiuto esterno: «la vitamina D ha effetto immunostimolante e può essere utile integrarne l’assunzione soprattutto nei mesi invernali quando si è meno esposti al sole. Ma attenzione al dosaggio, perché un eccesso può provocare effetti tossici».

In alcuni casi il pediatra può valutare inoltre l’uso di immunomodulanti, sostanze che stimolano l’immunità innata e aumentano le difese: «alcuni hanno risultati positivi in letteratura scientifica, anche se non hanno lo steso effetto su tutti. Non ci sono invece sufficienti evidenze per quanto riguarda i benefici di grotte di sale, prodotti omeopatici e probiotici. Mentre gli antibiotici – conclude la professoressa – sono inutili per questo tipo di infezioni».


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Per i bimbi che hanno un’infezione all’orecchio è fondamentale completare la terapia antibiotica per tutti i giorni prescritti perché “tagliarla” non porta benefici ma aumenta il rischio di una guarigione non completa.

Lo afferma un test clinico della University of Pittsburgh School of Medicine pubblicato dal New England Journal of Medicine. Lo studio è stato condotto su 520 bambini tra nove e 23 mesi di età con otite acuta media, a metà dei quali è stato assegnato il normale ciclo di amoxicillina e clavulanato da dieci giorni. Gli altri hanno ricevuto il farmaco per 5 giorni, e un placebo per i restanti.

Il rischio di fallimento della terapia è risultato del 34% nei bimbi con cura breve, più del doppio che nell’altro gruppo (16%). Una analisi dei batteri presenti nel naso ha rivelato la stessa percentuale di batteri resistenti nei due gruppi, e anche le segnalazioni di effetti avversi, dalla diarrea all’arrossamento da pannolino sono state le stesse.

La ricerca ha anche mostrato che un bambino su due che ha del fluido residuo nelle orecchie dopo il trattamento ha poi un ritorno dell’infezione, una percentuale molto superiore a quella nei bambini che hanno l’orecchio “pulito”. «Date le preoccupazioni sull’utilizzo eccessivo degli antibiotici e sulla resistenza abbiamo condotto il test per verificare se la riduzione della durata del trattamento potesse dare benefici – spiega Alejandro Hoberman, l’autore principale -, ma il risultato mostra chiaramente che una durata minore non offre nessun vantaggio».

ANSA


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