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Uno studio condotto in Gran Bretagna ha fatto emergere come, nel mantenimento di un buon vocabolario nella terza età, l’attività fisica quotidiana costituisca un fattore chiave

Essere fisicamente in forma aiuta gli anziani ad avere un linguaggio più appropriato rispetto ai coetanei che non svolgono regolare attività fisica. È quanto emerge da uno studio pubblicato da Scientific Reports e coordinato da Katrien Segaert, dell’Università di Birmingham, nel Regno Unito.

Lo studio
I ricercatori hanno esaminato i risultati ottenuti in diversi esercizi mentali effettuati da 28 volontari a cavallo tra i 60 e i 70 anni di età. I partecipanti dovevano eseguire giochi di parole al computer e facevano anche attività sportiva con la cyclette. Per confrontare i dati ottenuti da questo gruppo, Segaert e colleghi hanno preso in considerazione giovani di 20 anni che completavano solo le valutazioni delle capacità linguistiche. Tra i giochi di parole, ai partecipanti è stato chiesto di nominare personaggi famosi come attori e politici sulla base di 20 domande. Inoltre, sono state fornite le definizioni di 20 parole usate raramente nella conversazione quotidiane e 20 parole molto comuni, per capire se gli intervistati conoscessero o meno le relative definizioni.

I risultati
Rispetto ai giovani, gli anziani hanno avuto più esitazioni sulle parole, pensando di sapere la risposta, anche se non erano in grado di darla. In questo gruppo, però, coloro che mantenevano una migliore forma fisica con la cyclette si mostravano meno titubanti. Secondo i ricercatori, la funzionalità cognitiva e le abilità linguistiche spesso diminuiscono con l’età anche tra gli anziani più sani. L’esercizio fisico, invece, sarebbe collegato a migliori capacità cognitive, come una migliore velocità di elaborazione e memoria. Poco si sa, però, del collegamento tra attività fisica e abilità linguistiche.

“Il linguaggio è un aspetto cruciale della cognizione, necessario a mantenere l’indipendenza, la comunicazione e l’interazione sociale in età avanzata”, commenta Segaert. La difficoltà nel trovare le parole è comune tra gli anziani, per questo, almeno secondo Philip Gorelick, della Michigan State University di East Lansing, indagare il potenziale dell’esercizio fisico in questo contesto è importante. “I risultati di questo studio non sono sorprendenti – ha dichiarato l’esperto, che non era coinvolto nella ricerca -, ma aggiungono dati a studi precedenti che collegano positivamente l’esercizio aerobico a vari domini cognitivi”.

Fonte: Scientific Reports


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Un consiglio per gli anziani che vogliono mantenere integro il proprio livello cognitivo? Impegnarsi in giochi mentalmente stimolanti. È quanto riscontrato da una ricerca su over 70, che hanno presentato un minor rischio di sviluppare deterioramento cognitivo lieve impegnandosi in attività e giochi che mettono alla prova il cervello.

Gli anziani che si impegnano in attività che stimolano la mente presentano un minor rischio di sviluppare deterioramento cognitivo lieve rispetto ai loro coetanei che non mettono “alla prova” il loro cervello. Per gli adulti dai 70 anni in su con problemi cognitivi, l’attività ludica è stata associata a una riduzione del 22% del rischio di deterioramento cognitivo lieve di nuova insorgenza.

Dallo studio – condotto da ricercatori della Mayo Clinic di Scottsdale, in Arizona – è emerso che lavorare sulle abilità si associa a una diminuzione del 28% di tale deterioramento, l’uso del computer a un tondo 30%. Ma anche le attività sociali incidono molto positivamente sul deterioramento cognitivo , riducendone il rischio di sviluppo del 23% . Largo quindi a rebus, parole crociate e navigazione in Internet. Senza trascurare gli incontri con gli amici e le attività all’aria aperta.

Lo studio
Per capire come diverse attività potrebbero influenzare le probabilità di sviluppare problemi, i ricercatori – guidati da Yonas E. Geda – hanno esaminato dati relativi a 1929 adulti, con un’età minima di 70 anni, che non presentavano alcun problema cognitivo all’inizio dello studio. Il team ha valutato i partecipanti ogni 15 mesi e metà dei soggetti sono rimasti nello studio per più di quattro anni. Attraverso alcuni sondaggi i partecipanti hanno riferito la frequenza di diverse attività. Successivamente, i ricercatori hanno confrontato il rischio di una nuova insorgenza di deterioramento cognitivo lieve in base al fatto che le persone praticassero le loro attività almeno una o due volte a settimana o non più di due o tre volte al mese. Alla fine dello studio, 456 persone avevano sviluppato un deterioramento cognitive lieve.

Gli studiosi hanno esaminato più attentamente un sottogruppo di 512 persone che presentavano un maggior rischio di deterioramento cognitivo perché portatrici di una versione del gene dell’apoliproteina E (APOE), un fattore di rischio sia per il deterioramento cognitivo, sia per la demenza da Alzheimer. Per i portatori del gene APOE solo l’uso del computer e le attività sociali sono risultati associati a una riduzione del rischio di deterioramento cognitivo lieve.

Fonte: JAMA Neurology 2017


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