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Eseguito per la prima volta su scala nazionale nei laboratori di emodinamica della cardiologia dell’ospedale Sant’Andrea di Vercelli il primo intervento al cuore senza “bisturi” di chiusura percutanea dell’auricola sinistra sfruttando un filtro di protezione embolica cerebrale. Questa tecnica rappresenta una valida alternativa all’utilizzo di farmaci che consentono di evitare il formarsi di trombi.

Un filtro speciale per proteggere il cervello dal rischio di ictus. Nei giorni scorsi – presso la cardiologia del Sant’Andrea di Vercelli – è stato eseguito il primo intervento al cuore senza “bisturi” di chiusura percutanea dell’auricola sinistra sfruttando un filtro di protezione embolica cerebrale che non era mai stato utilizzato prima in Italia.

La procedura è stata eseguita su un paziente di 84 anni che a 48 ore dall’intervento è tornato a casa in buone condizioni cliniche. L’intervento eseguito nelle nuova sala di emodimanica  ha coinvolto una equipe multidisciplinare di emodinamisti, ecografisti ed elettrofisiologi.

L’auricola è una sorta di diverticolo dell’atrio sinistro; quest’ultimo è la  principale sede di formazione di trombi nei pazienti con fibrillazione atriale. La fibrillazione atriale è un’aritmia molto frequente, con una incidenza crescente con l’invecchiamento della popolazione. Il pericolo maggiore di questo disturbo del ritmo cardiaco è appunto la formazione di trombi, soprattutto in auricola. È rischioso perché  da questa sede i trombi possono andare ad occludere le arterie cerebrali che forniscono sangue al cervello determinando un possibile ictus cerebrale con esiti spesso invalidanti e talora fatali”.

“Si tratta di un intervento – che si esegue senza bisturi, attraverso la vena femorale; da qui viene fatto passare un device (una sorta di tappo) che raggiunge l’auricola e determina una barriera all’ingresso della stessa auricola occludendola. Ciò impedisce la formazione del trombo ed è efficace nella prevenzione dell’ictus cerebrale. Il filtro di protezione embolico cerebrale posizionato nell’aorta filtra il sangue che va al cervello. In questo specifico caso siamo riusciti a catturare un coagulo che avrebbe generato  sicuramente un ictus al paziente”.

Questa tecnica, evidenzia la nota, rappresenta una valida alternativa all’utilizzo di farmaci che consentono di evitare il formarsi di trombi (terapia anticoagulante) specie in quelle categorie di pazienti che non possono assumerla.


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Possedere un cane allunga la vita, specie per coloro che hanno sofferto un ictus o un infarto.

Tutti i residenti svedesi di 40-85 anni reduci da ictus o infarto nel periodo 2001-2012 (rispettivamente 155 mila e 182 mila) sono stati valutati e suddivisi in base al possesso o meno di un cane. I ricercatori hanno evidenziato che per i possessori di un ‘fido’ il rischio di morte per pazienti reduci da infarto che vivono soli è ridotto del 33%; il rischio è ridotto del 15% per coloro che oltre a possedere un cane hanno anche la fortuna di vivere con un partner o un bambino.

Inoltre per chi, reduce da un ictus, possiede un cane e vive solo il rischio di morte è del 27% inferiore; infine il rischio è del 12% inferiore per pazienti che hanno anche una famiglia. Un secondo lavoro, di Caroline Kramer dell’Università di Toronto, pubblicato in contemporanea e basato sull’analisi di dati di decine di studi già pubblicati per un totale di 3,8 milioni di individui, conferma l’effetto protettivo del cane: chi lo possiede ha un rischio di morte per ogni causa del 24% inferiore; del 65% in meno per la mortalità da infarto; del 31% in meno per la mortalità per altre cause cardiovascolari. L’effetto protettivo del cane potrebbe nascondersi nel fatto che chi lo possiede tende ad essere più attivo fisicamente e meno isolato socialmente, concludono gli autori dei due lavori.

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Mangiare formaggio tutti i giorni (circa 40 grammi al dì) potrebbe aiutare a previene infarto e ictus.

Lo suggerisce uno studio di Li-Qiang Qin della università di Soochow in Cina e pubblicato sulla rivista European Journal of Nutrition.

Il formaggio è stato a lungo additato come pericoloso per la salute del cuore per il suo contenuto in grassi saturi. Ma diversi studi nell’ultimo periodo lo hanno riabilitato. Questo lavoro si è basato sulla revisione di 15 ricerche pubblicate per un totale di 200 mila persone coinvolte, tutte sane all’inizio dello studio e la cui salute è stata monitorata mediamente per dieci anni.

Gli esperti hanno considerato per ciascuno i consumi di formaggio e poi hanno comparato questi dati con quelli relativi ai problemi cardiovascolari eventualmente insorti nel corso dello studio tra gli individui del campione.

E’ emerso che chi mangia abitualmente formaggio ha un rischio del 18% inferiore di sviluppare una patologia cardiovascolare, un rischio di infarto del 14% inferiore ed ha un rischio di ictus del 10% più basso rispetto a chi non è solito consumare formaggio.

La ”dose” risultata più efficace di questo alimento è di circa 40 grammi al dì.

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Può esserci un maggiore rischio di un nuovo infarto o ictus se si interrompe la terapia con aspirina a basse dosi, utilizzata proprio per ridurre la probabilità di eventi cardiovascolari.

Questo farmaco impedisce i coaguli, ma tra il 10 al 20% dei sopravvissuti a un infarto ne interrompe l’uso quotidiano nei primi tre anni successivi, e in un quadro più ampio sono stati segnalati tassi di interruzione fino al 30% e una scarsa aderenza alla terapia in una percentuale fino al 50% dei pazienti.

È quanto emerge da una ricerca dell’Università di Uppsala, in Svezia, pubblicata su Circulation. Gli studiosi hanno preso in esame i dati di 601.527 persone, che hanno preso l’aspirina a basso dosaggio per infarti e prevenzione dell’ictus tra il 2005 e il 2009. I partecipanti erano over 40 e avevano un tasso di aderenza superiore all’80% nel primo anno di trattamento. In tre anni in cui sono stati seguiti, ci sono stati 62.690 eventi cardiovascolari.

I ricercatori hanno riscontrato che un paziente ogni 74 che ha smesso di assumere l’aspirina ha avuto un evento cardiovascolare aggiuntivo all’anno. È stato inoltre riscontrato che vi era un tasso superiore del 37% di eventi cardiovascolari in coloro che avevano interrotto la terapia rispetto a coloro che hanno continuato e il rischio è aumentato poco dopo la sospensione e non sembrava diminuire nel tempo.

«Fintanto che non ci sono sanguinamenti o interventi chirurgici importanti – spiega Johan Sundstrom, autore principale della ricerca – lo studio mostra i significativi benefici per la salute pubblica che possono essere ottenuti quando i pazienti rimangono in terapia».

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Le uova, spesso messe sul banco degli imputati per il contenuto di colesterolo che può danneggiare anche le arterie del cuore, possono invece essere un’arma in più contro l’ictus. Il loro consumo, fino a una al giorno, riduce il rischio del 12%.

A sostenerlo uno studio dell’EpidStat Institute di Ann Arbor, nel Michigan, pubblicato sulla rivista Journal of the American College of Nutrition. Secondo i risultati della ricerca il consumo di uova, fino a una al giorno, non è associato a problemi coronarici, mentre è legato a una riduzione del 12 per cento del rischio di ictus. Questi risultati provengono da una revisione sistematica e una meta-analisi di studi tra il 1982 e il 2015, in cui sono state valutate le relazioni tra l’assunzione di uova e malattie delle coronarie in 276mila persone e il loro consumo e l’ictus in 308mila.

Alexander Dominik, autore principale dello studio, spiega che devono essere approfonditi gli aspetti che portano a comprendere meglio la connessione tra il consumo di uova e il rischio di ictus. Tuttavia, Dominik evidenzia che «le uova hanno molti attributi nutrizionali positivi, tra cui antiossidanti, che hanno dimostrato di ridurre lo stress ossidativo e l’infiammazione. Sono anche un’ottima fonte di proteine, che è stata correlata con un abbassamento della pressione sanguigna».

Un uovo grande – evidenziano ad esempio gli studiosi – ha 6 grammi di proteine di alta qualità e antiossidanti come la luteina e la zeaxantina, presenti all’interno del tuorlo, così come le vitamine E, D, e A.

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