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Fino al 20% delle persone fa o ha fatto uso di “rimedi naturali” (prodotti erboristici e affini) per la salute del cuore (per combattere ad esempio l’ipertensione o il colesterolo alto), ma sono ancora pochi i dati di efficacia e sicurezza sull’uso della fitoterapia.

E’ emerso da una ricerca svolta presso l’Università Cattolica di Roma: presi in esame tantissimi dati in merito a 42 sostanze erboristiche in uso per le malattie cardiovascolari. Il rischio di queste cure fai-da-te è anche che chi ne fa uso può arrivare a sospendere le cure tradizionali senza avvertire il proprio medico, spiegano Graziano Onder del Centro di Medicina per l’Invecchiamento, mettendo a repentaglio la propria salute.

Al momento attuale i dati circa l’efficacia di queste terapie sono estremamente limitati e non supportano il loro uso nella pratica clinica. Inoltre molte di esse possono causare eventi avversi anche gravi e interagire con i farmaci tradizionali.

La ricerca ha preso in considerazione 42 fitoterapici con potenziale indicazione per il trattamento di ipertensione, scompenso cardiaco, cardiopatia ischemica, colesterolo e trigliceridi, e malattie vascolari. Tra i fitoterapici esaminati, l’olio di semi di lino, il cardo mariano, i semi d’uva, il tè verde, il biancospino, l’aglio e la soia potrebbero avere un’azione benefica sui livelli di pressione arteriosa e di lipidi nel sangue e sul controllo glicemico ma mancano studi clinici ampi e definitivi. Per altre erbe quali astragalo, ginseng e ginkgo biloba sono ancora meno i dati disponibili su presunti benefici in termini di riduzione del rischio cardiovascolare.

ANSA


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