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Lo sport è un’arma efficace per ridurre la mortalità dovuta al diabete e il controllo della glicemia (zucchero nel sangue)

Sono le raccomandazioni che arrivano dalla Società Europea di Cardiologia Preventiva in un ‘position paper’ pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology.

«Stili di vita sedentari e diete insalubri sono le più importanti cause dell’aumento dei casi di diabete di tipo 2 (circa un adulto su 11 è diabetico nel mondo) e dei problemi cardiovascolari correlati alla malattia diabetica (praticamente tutti i pazienti diabetici sviluppano complicanze cardiovascolari prima o poi)» – spiega l’autore del testo, Hareld Kemps, del Máxima Medical Centre, a Veldhoven, in Olanda.

«Il diabete raddoppia il rischio di morte, ma più i pazienti sono in forma, più il rischio connesso alla malattia cala. Sfortunatamente la gran parte dei pazienti non intraprende programmi di attività fisica». Diversi studi hanno evidenziato, infatti, i benefici della pratica sportiva sul controllo della glicemia e sulla riduzione del rischio cardiovascolare associato al diabete.

«Sono preziosi anche piccoli aumenti del livello di attività fisica – sottolinea Kemps – per i pazienti con diabete e problemi di cuore. Piccole camminate ogni tanto, già da sole, migliorano il controllo della concentrazione di zucchero nel sangue; due ore a settimana di camminata veloce riducono il rischio di problemi cardiovascolari per i pazienti diabetici».


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Bere tanto, non camminare a piedi scalzi, non prendere troppo sole e non esagerare con l’attività fisica: sono alcuni dei consigli che i diabetologi rivolgono ai malati in vista delle vacanze per evitare di avere problemi.

Tra pasti ritardati, cibo nuovo e buffet, più attività del normale e fusi orari infatti non mancano i fattori che possono disturbare la routine di una persona diabetica in vacanza.

“Il primo consiglio – spiega Giorgio Sesti, past president della Società italiana di diabetologia (Sid) – è quello di portarsi i farmaci dietro e non dimenticarli a casa, in modo da prenderli regolarmente. Non vanno dimenticate anche le strisce reattive, in modo da potersi auto-monitorare l’insulina”.

I Centers for diseases control (Cdc) americani raccomandano anche di andare dal proprio medico prima della partenza per un controllo generale, chiedendogli se le attività che si hanno in programma possono influire sul diabete, e farsi fare una prescrizione dei farmaci, in caso li si perda.

E’ poi molto importante bere molto: il diabete fa perdere liquidi, e con il caldo c’è il rischio di disidratazione – continua Sesti – e di un aumento della glicemia”.

Cercare poi di resistere alle tentazioni dei buffet negli alberghi o in crociera, cercando di mantenere la dieta costante, e non esagerare con l’attività motoria.


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È un legame a doppio filo quello tra parodontite e diabete di tipo 2: molti diabetici vanno infatti incontro a questa patologia, ma vale anche il contrario. La buona notizia, però, è che migliorando la salute orale migliora anche il controllo dei livelli glicemici.

È quanto emerge da uno studio dell’Università di Barcellona, pubblicato sulla rivista Journal of Clinical Periodontology.

La ricerca è stata condotta su 90 pazienti con diabete di tipo 2 che hanno ricevuto trattamenti per migliorare la salute orale per sei mesi. Durante questo periodo, sono stati sottoposti anche all’esame dell’emoglobina glicata, nonché a test per individuare la presenza di popolazioni di batteri orali che causano la parodontite, oltre che al controllo di altri parametri clinici.

“La conclusione principale – spiega uno degli autori della ricerca, José López López – è che il trattamento non chirurgico della parodontite migliora lo stato glicemico e i livelli di emoglobina glicata, e quindi lo studio dimostra la grande importanza della salute orale in questi pazienti”.

ANSA


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Il diabete provoca ogni anno quasi lo stesso numero di decessi causati dal cancro, 130 mila contro 160 mila morti, ma la patologia continua ad essere tuttora sottostimata.

In Italia circa 10 milioni di persone sono ad alto rischio di sviluppare diabete, di cui circa un quarto avrà la malattia nei prossimi 10 anni se non si farà nulla per evitarlo.

La Fondazione Diabete Ricerca Onlus e la Società Italiana di Diabetologia scendono in campo per informare con la campagna “Sfidiamo il diabete” nell’ambito della Giornata mondiale 2017.

Il diabete mellito è sempre più diffuso in Italia, ne soffrono circa 4 milioni di persone, con un impegno sempre più  gravoso per il Servizio Sanitario Nazionale. Ogni 10 minuti una persona con diabete viene colpita da infarto o ictus, oppure sviluppa un problema serio alla vista, spiegano gli esperti. Ogni 52 minuti una persona con questa patologia subisce un’amputazione, ogni 4 ore un paziente deve iniziare la dialisi e ogni 5 minuti una persona muore a causa del diabete stesso o se ne soffre come concausa importante.

«Le persone con diabete devono essere assistite con un approccio multi-professionale e multi-dimensionale in atto da tempo – indicano – quest’anno ricorre il trentennale della legge 115 che ha di fatto formalizzato la cura presso quella rete di centri diabetologici che costituisce una peculiarità italiana per la sua diffusione capillare».

ANSA


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Il rischio di ammalarsi di diabete potrebbe essere ridotto con una dieta ricca di grassi polinsaturi di tipo ”omega 6”, che si trovano in abbondanza nella soia e nei semi come quelli di girasole oppure nella frutta secca.

Lo suggerisce una ricerca pubblicata su The Lancet Diabetes & Endocrinology e condotta da Jason Wu della George Institute for Global Health a Sidney. Lo studio è la revisione di una serie di ricerche fatte in merito al consumo di grassi omega 6.

Gli esperti hanno considerato un totale di quasi 40.000 individui, tutti sani all’inizio dell’analisi. Oltre 4000 di questi nel corso del tempo si sono ammalati di diabete di tipo 2 (la forma più diffusa, oggi epidemica nel mondo, in cui l’organismo diviene resistente all’ormone insulina, insensibile ad esso). All’inizio dello studio è stata stimata la concentrazione di grassi Omega 6 nel sangue di tutti gli individui misurando in particolare la concentrazione di ‘acido linoleico’ che rappresenta il grasso omega 6 più comune.

È emerso che coloro che avevano una gran quantità di acido linoleico nel sangue presentavano un rischio di ammalarsi di diabete del 35% inferiore rispetto a coloro che avevano bassi livelli di acido linoleico nel sangue.

In passato i grassi omega-6 sono stati considerati potenzialmente nocivi perché associati al rischio di favorire infiammazione cronica. Ma questo studio sembra riabilitarne l’immagine come grassi benefici per la salute.

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Se il bimbo ha il diabete 1, occhio anche alla celiachia. I piccoli con diabete, infatti, sembrano avere un rischio quasi triplo di sviluppare anticorpi per la celiachia, che possono eventualmente portare a uno sviluppo della malattia.

E’ quanto emerge da una ricerca guidata dal Pacific Northwest Research Institute di Seattle, pubblicata online su Pediatrics.

Gli studiosi hanno preso in esame 5891 bimbi sotto i sei anni, a cui sono stati fatti i test per gli anticorpi e che sono stati seguiti in media per oltre cinque anni. Sono stati trovati anticorpi legati al diabete di tipo 1 in 367 bambini, mentre quelli legati alla celiachia sono stati rilevati in 808 e quelli associati a entrambe le condizioni in 90. Quest’ultimo dato è risultato significativamente più alto rispetto alle stime. Gli anticorpi per il diabete di tipo 1 si sono manifestati tipicamente prima di quelli per la celiachia, hanno osservato i ricercatori, anche se questo «non significa necessariamente che il diabete di tipo 1 abbia portato allo sviluppo di anticorpi celiaci» come spiega Christine Ferrara, dell’Università della California di San Francisco, coautrice di un editoriale che accompagna lo studio.

«Le persone con una malattia tendono ad avere l’altra. Coloro che hanno anticorpi del diabete di tipo 1 dovrebbero essere sottoposti a screening per quelli celiaci» evidenzia uno degli autori della ricerca, William Hagopian, secondo cui è possibile che il diabete di tipo 1 in qualche modo possa causare la celiachia. Ma potrebbe anche essere un fattore ambientale sovrapposto che in entrambi i casi da’ inizio al processo di malattia».

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Il sale consumato a tavola potrebbe aumentare il rischio sia di diabete di tipo 2, sia di una forma meno diffusa di diabete che si chiama LADA (diabete autoimmune latente degli adulti) e somiglia per certi aspetti al diabete giovanile (di tipo 1 o insulino-dipendente) ma colpisce gli adulti e compare molto lentamente.

Secondo uno studio presentato al congresso dei diabetologi europei a Lisbona, il “presunto colpevole” è il sodio contenuto nel sale che usiamo a tavola e che è contenuto già in molti cibi; il sodio rappresenta il 40% del peso del sale stesso. La ricerca è stata condotta presso l’Istituto Karolinska di Stoccolma.

Il sale da cucina è il cloruro di sodio e il quantitativo in sodio in un grammo di sale è 0,4 grammi. L’Oms raccomanda un consumo giornaliero di sale inferiore ai 5 grammi. Gli esperti hanno confrontato il consumo di sale di pazienti (355 con LADA e 1136 con diabete 2) e soggetti sani di controllo (1379) e visto che chi consuma tanto sodio (2,9 grammi al dì che corrispondono a ben 7,3 grammi di sale al giorno) ha un rischio di ammalarsi di diabete 2 del 72% maggiore rispetto a chi consuma poco sodio (consumo/dì inferiore a 2,3 grammi di sodio pari a un consumo di sale inferiore a 6 grammi al giorno).

Per quanto riguarda il diabete autoimmune degli adulti il rischio legato al consumo di sodio è ancora più rilevante: chi consuma tanto sodio ha un rischio triplo di ammalarsi rispetto a chi ne consuma poco.

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Alzarsi dalla sedia e muoversi ogni mezz’ora fa bene in caso di diabete. Le recenti linee guida dell’Associazione Americana del Diabete riguardanti l’esercizio fisico nelle persone con diabete o prediabete, sottolineano l’importanza di stare meno seduti e muoversi più spesso.

«Fare più attività fisica» evidenzia Roberto Miccoli, del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Pisa «è sicuramente un buon consiglio per tutti, soprattutto per chi ha il diabete tipo 2. Uno stile di vita sedentario, infatti, si associa a molteplici rischi, che vanno dallo sviluppo del diabete alle complicanze cardiovascolari della malattia».

«Uno studio recente ha dimostrato che interrompere prolungati periodi di posizione seduta con brevi intervalli di esercizio fisico leggero si associa ad un migliore controllo della glicemia» aggiunge Miccoli «quindi se si lavora per 6-7 ore dietro una scrivania, si partecipa a lunghe riunioni o si sta davanti alla tv, secondo gli esperti dell’Ada è consigliabile alzarsi ogni 30 minuti e muoversi per almeno 3 minuti. Tali brevi esercizi non dovrebbero, ovviamente, rimpiazzare il normale programma di attività fisica del singolo, ma dovrebbero aggiungersi ai 120-150 minuti di esercizio leggero da compiere ogni settimana».

«Fare 30 minuti di esercizio al giorno, come risulta da due recenti pubblicazioni sulla rivista Diabetologia» conclude l’esperto «riduce il rischio di diabete del 25% e camminare per 10 minuti dopo i pasti può abbassare la glicemia del 22%. In definitiva, adottare uno stile di vita attivo, può ridurre il rischio di diabete ed aiuta a migliorare la salute di coloro che ne sono già affetti».

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Vivere in città aumenta il rischio di diabete, e in Italia il 52% delle persone con questa malattia risiede nei primi 100 centri urbani.

Lo affermano i dati presentati all’evento promosso a Roma da Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation e da Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, per celebrare la decima edizione dell’Italian Barometer Diabetes & Obesity Forum.

Una persona su tre con diabete, hanno spiegato gli esperti, risiede nelle 14 città metropolitane italiane, e a Roma è diabetico il 6,5% della popolazione, contro il 5,4% della media nazionale. «Con ‘diabete urbano’ si vuole definire la malattia diabetica che riguarda le persone che vivono nelle aree urbanizzate – spiega Andrea Lenzi, Presidente di Health City Institute – ambiente che, come è ben dimostrato, influenza il modo in cui le persone vivono, mangiano, si muovono, tutti fattori che hanno un impatto sul rischio di sviluppare il diabete».

Il 70% dei diabetici italiani, è emerso durante l’evento, ha più 60 anni. La malattia è la causa di morte unica o in concorso con altre patologie per 100mila persone l’anno, con le regioni del Sud che però hanno i valori maggiori di prevalenza e mortalità.

ANSA


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