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Lo rileva una ricerca greca che sarà presentata all’American College of Cardiology’s 68th Annual Scientific Session. Nel nuovo studio, in due fasi, le persone che passavano meno tempo a guardare la Tv e consumavano regolarmente una colazione ricca di energia mostravano significativamente meno placche e rigidità nelle arterie, cosa che indica meno possibilità di sviluppare una malattia cardiaca o un ictus.

«I fattori ambientali e di stile di vita sono importanti ma sottovalutati per le malattie cardiovascolari» evidenzia Sotirios Tsalamandris, dell’Università nazionale capodistriana di Atene, autore principale della ricerca. Gli studiosi hanno valutato i marcatori della salute del cuore insieme a una varietà di esposizioni ambientali e fattori di stile di vita in 2.000 persone in Corinzia, di un’età media di 63 anni.

Sono stati considerati i livelli di attività fisica e le abitudini alimentari e con due test le condizioni delle arterie. È emerso che coloro che guardavano il maggior numero di ore di Tv a settimana avevano quasi il doppio delle probabilità di accumulo di placca nelle arterie rispetto a chi la guardava meno. Crescevano inoltre il rischio di diabete e quello di ipertensione.

«I risultati – aggiunge Tsalamandris – suggeriscono di spegnere TV e abbandonare il divano. Anche attività a basso consumo energetico, come la socializzazione o le pulizie, possono avere un beneficio». Nella seconda parte dello studio, i partecipanti sono stati divisi in tre gruppi in base alla quantità di apporto calorico giornaliero derivante dalla colazione: alta energia ( più del 20% delle calorie giornaliere), bassa energia (5-20% di calorie giornaliere) o colazione saltata. Gli alimenti consumati da coloro che erano nel gruppo ad alta energia comprendevano latte, formaggio, cereali, pane e miele e i ricercatori hanno scoperto che chi ne faceva parte tendeva ad avere arterie significativamente più sane.

ANSA


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Dopo un infarto il 60% dei pazienti rifiuta la riabilitazione per il cuore, ma dal Tai Chi può arrivare un aiuto. I movimenti lenti e gentili di questa disciplina la rendono promettente come alternativa di esercizio.

E’ quanto emerge da una ricerca guidata dalla Warren Alpert School of Medicine della Brown University, pubblicata sul Journal of the American Heart Association.

Gli studiosi hanno preso in esame 29 persone con problemi cardiaci non attive fisicamente (otto donne e ventuno uomini, di un’età media di 67 anni). Sebbene la maggioranza avesse sperimentato un infarto o una procedura di sblocco di un’arteria bloccata avevano tutti rifiutato la riabilitazione cardiaca e continuavano ad avere molti comportamenti a rischio, come fumo o colesterolo alto.

Sono stati sperimentati due programmi di Tai Chi, uno più corto e uno dalla durata più lunga.

Dai risultati è emerso che questa disciplina era sicura e senza effetti collaterali particolari, risultava gradita ai partecipanti (il 100 per cento l’avrebbe raccomandata a un amico) e in coloro che avevano seguito il programma nella versione più lunga portava anche un aumento dell’attività fisica settimanale da moderata a vigorosa.

«Da solo il Tai Chi non sostituirà ovviamente altri componenti della riabilitazione cardiaca tradizionale, come l’informazione sui fattori di rischio, la dieta e l’aderenza alla terapia – evidenzia Elena Salmoirago-Blotcher, autrice principale della ricerca – se si dimostrerà efficace in studi più ampi, potrebbe essere possibile offrirlo come opzione di esercizio all’interno di un centro di riabilitazione come soluzione ponte verso un esercizio più faticoso».

ANSA


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Dal fumo alla dieta. Uno studio pubblicato dal Journal American College Cardiology ha valutato il rapporto tra il conseguimento di sette obiettivi di salute cardiovascolare e l’effettiva riduzione dei rischi, nonché dell’allungamento della vita. È emerso che il raggiungimento anche di un solo obiettivo è efficace a qualsiasi età.

Sono sette gli obiettivi di salute cardiovascolare individuati dall’American Heart Association, il cui raggiungimento – totale o parziale – sarebbe associato a una vita più lunga e a minori eventi cardiovascolari, indipendentemente dall’età. Infatti in un gruppo di pazienti anziani partecipanti allo studio “i vantaggi di una salute cardiovascolare ideale nel ridurre la mortalità e gli eventi vascolari (infarto, ictus) è stato paragonabile a quello che si osserva nelle fasce di popolazione più giovane – ha detto Bamba Gaye, dell’Università Paris Descartes, autrice principale dello studio – Questa è una buona notizia, in quanto suggerisce che non è mai troppo tardi per impedire lo sviluppo di fattori di rischio per la malattia cardiovascolare”.

Lo studio
Gaye e colleghi hanno preso in esame oltre 7 mila persone per vedere come il conseguimento dei sette obiettivi ideali o ‘Life’s Simple 7’, avrebbe potuto influenzare il rischio di morte o di avere un ictus o un attacco cardiaco nel corso dello studio.

I sette obiettivi includevano:
– Indice di massa corporea (BMI) inferiore al valore del sovrappeso
– Svolgimento di un’attività fisica vigorosa per 75 minuti a settimana o di una moderata attività fisica, almeno per 150 minuti a settimana
– Non fumare o aver smesso almeno da 12 mesi
– Seguire una dieta sana che includa verdure e frutta fresca ogni giorno, pesce due volte o più a settimana e meno di 450 calorie a settimana di zuccheri
– Avere una pressione sanguigna sotto i 120/80, senza farmaci
– Mantenere un livello di colesterolo normale, senza farmaci
– Mantenere un normale livello di zuccheri nel sangue, senza farmaci

Dei 7371 partecipanti , la cui età media era di 74 anni, solo un individuo è riuscito a raggiungere i sette goals e solo il 5% dei partecipanti ne ha raggiunti almeno 5. I risultati sono stati pubblicati dai ricercatori sul Journal of the American College of Cardiology. Per tutti gli obiettivi, ad eccezione dell’attività fisica e del colesterolo totale, le donne avevano maggiori probabilità rispetto agli uomini di essere ad un livello ideale.

Gli altri risultati
Il gruppo di ricerca ha seguito i soggetti arruolati nello studio per monitorare la loro salute; metà dei partecipanti è stata seguita per più di nove anni. Rispetto ai soggetti che non raggiungevano più di due obiettivi, per quelli che hanno raggiunto tre o quattro target il rischio di morte durante lo studio si era ridotto del 16% mentre il raggiungimento di cinque-sette target aveva ridotto il rischio del 29%.

Infatti, il rischio di morte è diminuito del 10% per ogni obiettivo raggiunto al livello ideale. Ugualmente, il rischio di malattie cardiache coronariche e ictus si è ridotto del 22% per ogni obiettivo raggiunto al livello ideale. “Il goal ideale sarebbe quello di non avere alcun fattore di rischio per malattia cardiovascolare – ha osservato Gaye – Tuttavia, il nostro studio dimostra anche un beneficio per gradi sulla base del numero di fattori di rischio portati a livello ottimale. Quindi un approccio forse più realistico potrebbe essere quello di consigliare ai soggetti anziani di avere almeno un fattore di rischio a livello ottimale e di raggiungere progressivamente livelli ottimali degli altri fattori di rischio”.

“L’obiettivo di un invecchiamento di successo non è l’immortalità, ma il tempo trascorso con malattia e disabilità – ha scritto in un editoriale sullo studio, Karen P. Alexander della School of Medicine della Duke University di Durham – Questo studio ci ricorda che i fattori di rischio e le modifiche dello stile di vita non hanno data di scadenza e continuano a produrre benefici per una vecchiaia sana, ben oltre i 70 anni. Gli anziani dovrebbero concentrarsi non tanto sul perfetto raggiungimento del ‘Life’s Simple 7’ quanto piuttosto sul percorso di lavoro necessario per raggiungere questi obiettivi”.

Fonte: Journal American College Cardiology


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Eseguita con successo da Cardiochirurghi del Gemelli di Roma, rarissima operazione a cuore aperto in una paziente quasi centenaria, che aveva sviluppato una grave malattia della valvola aortica. L’anziana donna ha fatto ritorno a casa e sta bene.

Un intervento a cuore aperto e salvavita a una valvola cardiaca effettuato con successo su una paziente quasi centenaria.  L’eccezionale e rara operazione è stata eseguita presso il Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma dall’equipe della UOC di Cardiochirurgia diretta da Massimo Massetti, Ordinario di cardiochirurgia all’Università Cattolica del Sacro Cuore.

La paziente, nata nel 1920 e molto attiva, aveva sviluppato una grave malattia della valvola aortica (stenosi valvolare aortica serrata) che l’aveva ridotta a uno stato di grave sofferenza con affanno e mancanza del respiro dopo minimi sforzi. L’anziana signora, motivata a farsi curare, è stata assistita dall’equipe di Filippo Crea, ordinario di Cardiologia all’Università Cattolica  e direttore del Polo di Scienze cardiovascolari e toraciche, nel Percorso Clinico delle Valvulopatie (Heart Valve Clinic) del Policlinico Universitario A. Gemelli.

Questo percorso clinico, tra i pochi esistenti in Europa, è costituito da numerosi specialisti con competenze specifiche nelle patologie delle valvole cardiache. Cardiologi Clinici e Interventisti, Aritmologi, Cardioanestesisti, Fisiatri insieme ai Cardiochirurghi, hanno approfondito la diagnosi, decidendo durante le quotidiane riunioni dell’Heart Team del Gemelli, la terapia più idonea all’anziana paziente resa particolarmente fragile dalla malattia. Dopo un’adeguata preparazione, il delicato intervento chirurgico è stato eseguito con una tecnica originale micro-invasiva che comporta un’incisione di 2 cm sul torace utilizzando le tecnologie più innovative tra le quali la modernissima sala operatoria ibrida di cui è dotato il Polo di Scienze cardiovascolari del Policlinico.

La paziente quasi centenaria ha superato brillantemente l’intervento e l’immediato post-operatorio grazie anche alle cure dei cardio-rianimatori del Gemelli diretti da Franco Cavaliere e dopo una settimana di degenza e un periodo di riabilitazione, è tornata a casa in piena autonomia.

“Questo approccio – spiega Massetti – è stato realizzato sulla paziente come un sarto confeziona un abito su misura e il limite dell’età è stato superato grazie alla grande collaborazione di tutti gli specialisti che hanno messo in sinergia le proprie competenze per realizzare questo intervento chirurgico salvavita”.

“L’invecchiamento della popolazione italiana – commenta Antonio Rebuzzi, Direttore dell’Unità Intensiva Cardiologica del Policlinico – richiede continue sfide che i medici possono affrontare non solo introducendo nuove terapie, ma anche modificando la gestione centrata sul paziente all’interno dell’ospedale. La creazione di percorsi clinici specifici per ogni patologia cardiaca insieme a una ristrutturazione dei reparti, degli ambulatori e delle sale operatorie, costituiscono un reale progresso nella diagnosi e cura delle malattie cardiache”.

L’Area Cardiovascolare del Policlinico A. Gemelli rappresenta sempre più un polo di riferimento per numerosi pazienti provenienti da tutta l’Italia e i dati relativi all’attività svolta durante l’anno 2016 dimostrano questa eccellenza con oltre 250 interventi di chirurgia valvolare eseguiti con successo.


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