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Assumere caffeina oltre le dosi consigliate durante la gravidanza, aumenta il rischio di partorire bimbi più piccoli rispetto alle donne che non assumono questa sostanza, presente sia nel caffè, sia nel tè.

Le donne in gravidanza che consumano caffeina – bevendo caffè o tè – partoriscono bambini più piccoli rispetto a quelle che non assumono questa sostanza durante i nove mesi. È quanto emerge da uno studio irlandese.

Lo studio

Il team guidato da Ling-Wei Chen, ricercatore presso lo University College Dublin in Irlanda, ha esaminato 941 coppie madre-figlio nate in Irlanda. Quasi la metà delle madri partecipanti beveva tè, mentre il 40% consumava caffè.

A ogni 100 mg di caffeina assunti quotidianamente durante il primo trimestre di gravidanza, si associava un peso inferiore alla nascita di 72 grammi, nonché un’età gestazionale, una lunghezza alla nascita e una circonferenza della testa significativamente inferiori.

I ricercatori hanno osservato che le partecipanti che avevano assunto la dose più alta di caffeina partorivano bambini che pesavano circa 170 grammi in meno rispetto a quelle che ne avevano consumato il quantitativo minore. Non sono state riscontrate differenze nei risultati in merito alla fonte di caffeina, tè o caffè.

Anche le donne che avevano assunto meno di 200 mg di caffeina, la soglia di sicurezza durante la gravidanza secondo  l’American College of Obstetricians and Gynecologists (Acog), presentavano un rischio significativamente aumentato di parto prematuro o di dare alla luce un bambino sottopeso.

I commenti

“Un elevato consumo di caffeina può determinare una diminuzione del flusso sanguigno nella placenta, che successivamente può influire sulla crescita del feto”, spiega Chen. “Inoltre, la caffeina può attraversare la placenta rapidamente e, poiché la clearance rallenta man mano che va avanti la gravidanza, il suo accumulo può interessare i tessuti fetali”.

Fonte: American Journal of Clinical Nutrition 2018


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Quasi metà degli adolescenti italiani consuma troppa caffeina, con le ragazze che superano i maschi.

Il 76% del campione ha dichiarato di consumare caffeina ogni giorno, con il caffè che è risultata la bevanda prevalente, lo prendono quotidianamente quasi nove studenti su dieci, seguita da soft drink (34,3%) e energy drink (2,3%). In media la quantità di caffeina assunta quotidianamente è risultata di 125,2 milligrammi tra i consumatori abituali, leggermente più alta per le ragazze (126,3 contro 124,1). Il 46% del campione analizzato, sottolineano gli autori, supera la dose massima consigliata a questa età dall’accademia dei pediatri Usa, che è di 100 milligrammi. L’eccesso di questa sostanza, sottolineano gli autori, è legato ad un aumento di nervosismo e agitazione in questa fascia d’età.

«Questi risultati – commenta Angelo Campanozzi, coordinatore dello studio – potrebbero essere usati per mettere in piedi una campagna di sensibilizzazione diretta a ridurre il consumo di caffeina tra gli adolescenti. Le abitudini alimentati sono sviluppate durante l’infanzia e l’adolescenza, e l’educazione ad un consumo limitato di caffeina è cruciale per ridurre possibili comportamenti sbagliati in età adulta».

ANSA


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Sono le conclusioni alle quali è giunto un ampio studio osservazionale pubblicato su Annals of Internal Medicine. La ricerca ha anche evidenziato che chi beve caffè ha una migliore funzionalità epatica, immunitaria e un miglior controllo glicemico. Spetterà ora a studi di intervento stabilire la ‘dose’ giusta per ottenere l’effetto allunga-vita. Per ora gli esperti consigliano di attenersi ad un moderato consumo, pari a circa tre tazze di caffè al giorno

Chi beve in media tre caffè al giorno potrebbe vivere più a lungo di chi non ama questa bevanda. A suggerirlo è uno studio appena pubblicato su Annals of Internal Medicine che è anche il più ampio mai realizzato finora sull’argomento.

Il lavoro, firmato da ricercatori dell’International Agency for Research on Cancer (IARC) e dell’Imperial Collegedi Londra e finanziato dal Directorate General for Health and Consumers della European Commission e dallo IARC, ha preso in esame i dati di oltre mezzo milione di persone, residenti in dieci diverse nazioni europee, per valutare se il consumo di caffè fosse legato in qualche modo al rischio di mortalità. Il risultato è stato che il chi consuma più caffè presenta un ridotto rischio di mortalità per tutte le cause, ma in particolare per quella cardiovascolare e per la mortalità causata da patologie del tratto digerente. E si tratta certo di buone notizie, considerato il fatto che ogni giorno nel mondo si consumano 2,25 miliardi di tazze di caffè.

La bevanda nera contiene numerosi principi attivi in grado di interagire col nostro organismo: non solo caffeina, ma anche anti-ossidanti e diterpeni.

Gli studi condotti finora sull’argomento  hanno dato risultati contrastanti ma questo appena pubblicato è il più vasto di tutti e dunque quello più vicino di tutti a dare risposte definitive. I risultati sulla riduzione di mortalità sono stati coerenti per tutti i tipi di caffè considerati (anche se certo tra un espresso napoletano e un caffè tedesco le differenze non sono poche).

“Abbiamo riscontrato – afferma il principale autore dello studio, il dottorMarc Gunter dello IARC – che un maggior consumo di caffè si associa ad un rischio inferiore di mortalità da tutte le cause e in particolare da malattie cardiovascolari e del tratto digerente. Questi risultati sono sostanzialmente gli stessi in tutte e dieci le nazioni europee coinvolte in questo studio, a prescindere cioè dalle diverse abitudini rispetto al consumo e alla preparazione del caffè. Questa ricerca ha fornito inoltre degli interessanti spunti sui possibili meccanismi alla base dei benefici del caffè per la salute”.

Sono stati utilizzati i dati dello studio EPIC(European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), relativi a 521.330 persone dai 35 anni in su residenti in 10 nazioni dell’Unione Europea, comprese Italia, Gran Bretagna, Francia e Danimarca. Le abitudini dietetiche delle persone sono state esplorate mediante questionari e interviste. Il consumo più elevato di caffè è stato registrato in Danimarca (900 ml/die); quello più basso, per quanto riguarda le quantità, in Italia (92 ml/die). I più forti bevitori di caffè erano in genere più giovani, fumatori, consumatori di bevande alcoliche, mangiavano più carne e meno frutta e vegetali. Insomma non erano esattamente dei campioni di dieta sana e di stile di vita.

Dopo 16 anni di follow up, in questa grande coorte di pazienti sono stati registrati circa 42.000 decessi (attribuiti a varie condizioni, dal cancro alle patologie cardio e cerebro vascolari). Dopo gli adeguati aggiustamenti statistici relativi a dieta e abitudine tabagica, i ricercatori hanno evidenziato che i soggetti con il più alto consumo di caffè presentavano il rischio più basso di mortalità per tutte le cause, rispetto ai non bevitori di caffè e che anche il caffè decaffeinato presentava questo effetto protettivo.

In un sottogruppo di 14.000 soggetti sono stati analizzati anche dei biomarcatori metabolici e questo ha consentito di appurare che gli amanti del caffè presentavano in genere un fegato più sano e un miglior controllo glicemico dei non bevitori di caffè. “Bere maggiori quantità di caffè si associa ad una funzionalità epatica e ad una risposta immunitaria migliori – spiega Gunter – e questo fornisce ulteriori prove (che si aggiungono ai risultati di studi simili condotti in Usa e in Giappone) degli effetti potenzialmente benefici del caffè sulla salute”.

“Questi risultati – commenta il professor Elio Riboli, direttore della School of Public Health dell’Imperial College e iniziatore dello studio EPIC – si aggiungono ad una mole crescente di prove che dimostra come bere caffè non solo è sicuro, ma può addirittura avere un effetto protettivo per la salute. E i risultati di questo ampio studio europeo confermano quanto trovato da precedenti studi condotti in altri Paesi”.

Sarà adesso interessante andare a vedere quale (o quali) delle sostanze presenti nel caffè è responsabile di questi effetti protettivi. Anche perché, per quanto interessanti, questi risultati derivano da uno studio osservazionale e non di intervento, con tutte le limitazioni del caso.

“Visti i limiti di questo studio – conclude Gunter – non possiamo ancora raccomandare alla gente di bere una quantità maggiore o minore di caffè. Detto ciò, questi risultati suggeriscono che un consumo moderato, intorno alle tre tazze al giorno, non è dannoso per la salute e che anzi, incorporare il caffè nella dieta, potrebbe avere effetti positivi per la salute”.


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