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Sottovalutato il pericolo del binge drinking, cioè l’abitudine dei giovani di concentrare il consumo di grande quantità di alcol in poche ma costanti occasioni, come il sabato sera. Lo rileva uno studio condotto al Gemelli di Roma

Le abbuffate alcoliche (o binge drinking) tipiche di molti giovani (che magari si limitano a bere al sabato sera e non toccano un dito di alcol durante la settimana) potrebbero portare allo sviluppo di alcol-dipendenza. Lo dimostra uno studio effettuato presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – Università Cattolica e pubblicato sulla prestigiosa rivista Scientific Reports del gruppo editoriale di Nature, dal team del professor Giovanni Addolorato, direttore dell’Unità Operativa Semplice di Area (UOSA) Patologie Alcol correlate all’interno della UOC di Medicina Interna e Gastroenterologia, e del professorAntonio Gasbarrini, direttore Area Gastroenterologia ed Oncologia Medica.

Il binge drinking è una modalità di assunzione di alcolici che nell’ultimo decennio si è notevolmente diffusa nel nostro Paese anche fra gli adolescenti. È caratterizzata dall’assunzione di oltre 4-5 Unità Alcoliche (drinks) in unica occasione e in breve tempo, lontano dai pasti e per avvertire gli effetti psicotropi del cosiddetto ”sballo”. Una unità alcolica, pari a circa 12,5 grammi di etanolo, corrisponde a circa 125 millilitri di vino a media gradazione – quindi un bicchiere – o 330 mL di birra – una lattina o una bottiglia – o 30 mL di super alcolici – un bicchierino da bar.

“Lo studio osservazionale coordinato dai Professori Giovanni Addolorato e Antonio Gasbarrini, dell’Istituto di Patologia Speciale Medica dell’Università Cattolica – spiega una nota del Policlinico – ha dimostrato che tale comportamento, spesso ritenuto – sottostimandone la reale pericolosità – un “normale passaggio adolescenziale” è un fattore di rischio per lo sviluppo di alcol-dipendenza”.

Finanziato dalla Fondazione Roma e dalla Fondazione Italiana per la Ricerca sulle Malattie Epatiche (FIRE), lo studio ha coinvolto 2704 giovani di età compresa tra i 13 e i 20 anni che frequentavano le scuole superiori della Capitale e di altre città del Lazio. I ragazzi hanno compilato questionari per valutare il loro consumo di bevande alcoliche, di fumo, l’uso di droghe e il quadro psicologico individuale. Circa l’80% del campione ha dichiarato di consumare bevande alcoliche (nonostante nel nostro Paese la vendita di alcolici ai minori sia vietata e nonostante la posizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità contraria al consumo di bevande alcoliche negli adolescenti).

“La maggior parte dei giovani coinvolti nell’indagine – riferisce la nota – non era mai stata informata né dai familiari né dal personale sanitario circa i rischi connessi al consumo di bevande alcoliche in considerazione, soprattutto, della giovane età. Il 6,1% dei soggetti intervistati presentava un disturbo da uso di alcol, in particolare il 4,9% presentava una diagnosi di abuso di alcol mentre il rimanente 1,2 % presentava una diagnosi di dipendenza da alcol”.

“La quota dei ragazzi con diagnosi di alcol-dipendenza era esclusivamente presente nel gruppo di giovani habitué del binge drinking – fa notare il professor Addolorato – mentre era assente in chi non era solito a questo comportamento; questo indica che il binge drinking è un fattore di rischio molto forte per lo sviluppo di dipendenza da alcol nei ragazzi”.

“Tali dati – sostiene Addolorato – in altre parole, dimostrano che le abbuffate alcoliche rappresentano un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbo da uso di alcol e in particolare di dipendenza da alcol, e indicano che, verosimilmente, fra qualche anno dovremmo confrontarci con un aumento di incidenza di patologie alcol-correlate nella popolazione oggi giovanile che nel frattempo sarà diventata adulta”. Per prevenire tutto ciò, conclude la nota del Policlinico, è auspicabile che vengano incrementati programmi informativi adeguati a divulgare agli adolescenti i rischi connessi al consumo di bevande alcoliche e al binge drinking.


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