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Tutti gli operatori sanitari – e in particolar modo quelli che lavorano per il Ssn – sono eticamente «obbligati a informare, consigliare e promuovere le vaccinazioni in accordo con le più avanzate evidenze scientifiche». Diffondere informazioni non provate, invece, è «moralmente deprecabile» e «costituisce grave infrazione alla deontologia professionale».

E’ uno dei passaggi più controversi del Piano nazionale vaccini 2017-2019, elaborato dal ministero della Salute e approvato ieri dalle Regioni a braccia aperte.

«E’ una giornata importante» ha commentato il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini «Il tema vaccinazioni è fondamentale per un approccio serio in termini di prevenzione, sia rispetto al riaffacciarsi di patologie che credevamo ormai definitivamente superate, sia rispetto alle coperture necessarie per altre gravi malattie e per le fasce più deboli della popolazione».

Il sì unanime delle Regioni si spiega anche con l’accoglimento della loro richiesta di dare maggiore gradualità al nuovo calendario vaccinale, più esteso del precedente. Non in tutte le Regioni, quindi, sarà subito accessibile la nuova offerta di vaccini introdotta dal Piano: da una parte la profilassi per pneumococco, meningococco, varicella, vaccino anti-Hpv, dall’altra i vaccini (gratuiti per fascia d’età e per categorie a rischio) contro meningococco B e rotavirus, varicella (secondo anno e poi 5-6 anni), Hpv nei maschi 11 enni, Ipv meningo tetravalente, pneumococco e zoster.

Il nuovo calendario, ha assicurato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, sarà operativo in poche settimane: «Bisogna aspettare la pubblicazione in gazzetta» ha detto ieri «da quel momento entra in vigore. Poi ci la sarà circolare che darà indicazioni su come procedere e il riparto del fondo (di 800 milioni, ndr)».

Il Codacons, invece, ha già annunciato ricorso davanti al Tar per quei passaggi del Piano che «aprono la strada a una legge nazionale diretta a rendere la vaccinazione un prerequisito per la frequenza ad asili e scuole».


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E’ partita ufficialmente la stagione dell’influenza: oltre 120mila (127.500) i casi stimati finora in Italia da metà ottobre secondo l’ultimo bollettino settimanale Influnet, elaborato dall’Istituto Superiore di Sanità.

Quarantottomila i casi registrati nell’ultima settimana presa in esame per il monitoraggio, quella dal 31 ottobre al 6 novembre, con i bimbi e ragazzi come fascia più colpita. A questi sono da aggiungere altri 100mila casi a settimana che riguardano le sindromi para-influenzali, causate dai cosiddetti virus “cugini”, ce ne sono 262 tipi. «I sintomi sono gli stessi, è come se fosse un’influenza più lieve, e a volte si manifestano con forme gastro-intestinali, che colpiscono cioè lo stomaco e l’intestino» spiega il virologo e ricercatore del Dipartimento scienze biomediche per la salute dell’Università di Milano Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi.

«Considerato che la stagione influenzale è attesa come più pesante rispetto al solito, è importante vaccinarsi. Questo è il momento giusto. La vaccinazione è un’opportunità per tutti e diventa una raccomandazione importante per i soggetti a rischio (anziani e in genere persone di tutte le età con problemi cardiaci e respiratori cronici)» evidenzia Pregliasco «è consigliata anche alle donne in gravidanza, posponendo magari il primo trimestre, per essere sereni rispetto ad eventuali complicanze che poi si può essere portati ad attribuire al vaccino, non perché ci sia una correlazione effettiva tra le due cose. Anche i bimbi molto piccoli possono essere vaccinati, dai sei mesi in poi sentendo il pediatra».

ANSA


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Come ogni anno con l’arrivo di novembre scatta il periodo migliore per vaccinarsi per l’influenza, prima che il virus inizi a circolare.

Quest’anno, ricordano gli esperti, si rischia una stagione particolarmente dura, ed è quindi ancora più importante che le categorie considerate a rischio, a partire dagli anziani, si vaccinino.

Secondo i dati Influnet nel nostro Paese ogni anno si registrano da 5 a 8 milioni di casi di sindrome influenzale. Circa 8.000 decessi possono essere direttamente correlati con l’influenza e di questi il 90% riguarda soggetti di età superiore ai 65 anni. «Oltre agli anziani deve vaccinarsi chi ha qualche patologia che indebolisce il sistema immunitario, come il diabete o le malattie cardiovascolari, le stesse categorie che dovrebbero proteggersi dalla polmonite – sottolinea Michele Conversano, presidente di Happy Ageing -.

Per gli anziani è dimostrato che i maggiori benefici ci sono con il vaccino antinfluenzale adiuvato, al quale è aggiunta una proteina che fa riconoscere meglio l’antigene dal sistema immunitario. Buoni risultati si hanno anche con l’intradermico, più recente e con meno studi a supporto».

ANSA


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